Il commento alla Parola di domenica 25 luglio (XVII domenica del tempo ordinario b) a cura di Sr M. Benedetta del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”

Nel Vangelo odierno, incontriamo “una grande folla” affamata del pane, sia spirituale sia materiale. Il Signore coinvolge i suoi discepoli nella sua grande compassione per il bisogno e il desiderio della folla, “mettendo la loro fede alla prova”. I discepoli hanno visto con i loro occhi gli innumerevoli segni e i miracoli compiuti dal Maestro, ma la loro fede è ancora a un livello “principiante”. Il Signore li vuole portare a una fede adulta, mostrando loro ancora una volta la sua onnipotenza nell’amore e in che cosa consista ciò che sta per compiere.

Il segno di un pane donato in abbondanza è la cifra del modo in cui il Signore accompagna il cammino verso la pienezza di vita di ogni vivente avendo a cuore il nostro desiderio. Non solo il Signore si prende cura di noi, ma lo fa in eccesso, tanto che il pane deve non solo essere sufficiente, ma “avanzare”.

Il Signore non fa cadere “il pane dal cielo” come Mosè, ma lo fa sorgere dalla terra del cuore di quel ragazzo senza nome che ha accettato di mettere a disposizione il poco che aveva “cinque pani d’orzo e due pesci”, con una fiducia che ha creato un vortice di fiducia: c’è pane per tutti. I “pani d’orzo” di quel ragazzo, che sono il nutrimento dei più poveri, moltiplicati dal Signore sono diventati nutrimento per circa “cinquemila uomini”, più dodici canestri con i pezzi avanzati.

Questo è un messaggio che vale per ciascuno di noi. Quel poco che noi siamo e che noi abbiamo,  offerto a Dio, può davvero “sfamare tanta gente” e diventare una benedizione per molti, in un modo misterioso che solo Dio conosce .

Però non dobbiamo dimenticare che “l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”(Dt 8,3). Più avanti nel discorso che segue in questo capitolo, Gesù replicherà ai suoi interlocutori: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che dura per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”(Gv. 6,26-27). Il pane cui Gesù allude, è simbolo di se stesso, perché Lui è il pane vivo disceso dal cielo. Riconoscere il Suo essere pane di vita disceso dal cielo, che è dono del Padre, richiede la fede. 

Possiamo fare un passo avanti. Questo episodio ci orienta non solo verso la Parola di Gesù, ma anche verso il dono totale che Gesù farà di sé attraverso l’Eucaristia: “Se uno mangia  di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”(Gv 6,51). Gesù afferma in sostanza che il misterioso pane cui allude è quello che ci dà la vita e sostiene la nostra vita. Ciò che nutre l’uomo non è soltanto la Parola di Dio che viene a noi dal cielo, e che pure costituisce un nutrimento, ma è la persona stessa di Gesù che dà la vita per tutti noi.

Gesù non intende soltanto dirci che vivremo grazie alla sua dottrina, alla sua Parola.  Egli ci farà dono misteriosamente del suo corpo, e ciò avverrà attraverso la sua passione, la sofferenza e la morte. Gesù si dà per noi fino all’ultimo respiro.

O immensa bontà e misericordia! Ti benediciamo Signore per questo dono così grande che dà alla nostra vita senso, apertura e speranza!

LETTURE: 2Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-.15