Abbiamo appreso dagli organi di stampa locali che l’Assessora Cotto, accompagnata dal Direttore Generale dell’Asl, ha svolto, nei giorni scorsi, un sopralluogo alla “Casa Delle Donne E Dei Bambini”.
Non vorremmo si trattasse della solita visita di facciata, alla vigilia delle elezioni comunali, poiché riteniamo che la struttura visitata, al pari delle altre presenti sul territorio, meriti un approfondimento sui contenuti, e su quanto è stato fatto sino ad ora. Non si discutono le capacità operative della cooperativa Valdocco, da anni leader in Piemonte nella gestione di analoghe strutture. Siamo interessati ad approfondire il merito progettuale e strategico posto in essere dal Comune, in questi anni, relativamente alla complessa tematica del reinserimento delle ospiti in società.
Nei rapporti emersi in questi anni con i Consiglieri comunali e con le Associazioni e gli Enti presenti sul territorio e avendo richiesto ulteriori confronti a seguito della visita, ci troviamo nella condizione di stupirci di fronte all’assenza di una programmazione futura da parte dell’amministrazione comunale, riscontrata negli articoli.
Affidarsi e delegare unicamente alle Associazioni di volontariato, fiore all’occhiello della città, la gestione della tutela e dell’assistenza alle donne in difficoltà e i loro bambini risulta essere, non solo una mancanza di strategia amministrativa da parte dell’assessorato, ma anche un offensivo sovraccarico di responsabilità sulle spalle dei volontari che, troppo spesso, sono lasciati a se stessi.
La sinergia tra Comune, Provincia, Associazioni ed Enti dovrebbe essere il punto di partenza imprescindibile su cui fondare i progetti in atto e futuri.
Occorre una gestione corretta delle infrastrutture, sia dal punto di vista logistico sia burocratico; la presenza dei mediatori culturali, ad esempio, dev’essere costante e incentivata in quanto indispensabile per il reinserimento delle utenti in società. I supporti linguistici e di intermediazione culturale devono essere sempre garantiti da parte del Comune. In assenza di tali supporti si è registrato il venir meno dell’autonomia e, quindi, dei percorsi di indipendenza delle donne.
Un dormitorio femminile per donne con bambini che sia idoneo e dignitoso, con la possibilità per i singoli nuclei famigliari di avere spazi propri e non condivisi, favorendo in tal modo l’autonomia, è essenziale in una città di oltre 70.000 abitanti. La vita comunitaria, seppur necessaria nelle situazioni di emergenza, non può essere proposta all’infinito, negando in tal modo il rispetto della privacy dei singoli.
Come si è mosso il Comune in merito?
Inoltre, dove sono i servizi di baby-sitting comunali gratuiti o a prezzi calmierati, che dovrebbero essere alla base della civiltà moderna?
E’ indispensabile prevedere un ulteriore spazio volto ai servizi di affiancamento alle strutture.
Analogamente è fondamentale un servizio di supporto psicologico attivo e presente che, nel rispetto della privacy, tuteli le donne e i loro bambini in condizioni di difficoltà.
Queste donne infatti sono spesso sottoposte a stress e situazioni di disagio che possono compromettere gravemente la stabilità emotiva e psicologica; è compito del Comune di Asti tutelare e non abbandonare le cittadine e i cittadini.
Possiamo quindi affermare che poco valore hanno le visite spot nei centri di housing, certamente ricchi di personale qualificato e disponibile, nel momento in cui non si sfruttano tutti i servizi d’eccellenza presenti sul territorio. Uno tra questi il reparto di malattie infettive dell’ospedale di Asti, miniera di potenzialità per quella che può essere la prevenzione e la tutela della salute delle donne ospiti nei centri astigiani.
Auspichiamo quindi che la presenza del Direttore Generale dell’ ASL, presente al sopralluogo, si traduca in azioni fattive sul terreno sanitario, anziché una generica affermazione di sostegno all’iniziativa.
La pandemia non può essere l’alibi che consente di perpetuare le lacune che a cinque anni dall’insediamento della Giunta Comunale risultano non colmate.
Uniti Si Può