“Non vogliamo che Piemonte e Liguria siano ghettizzate, l’obiettivo primario è l’eradicazione della peste suina africana”. Lo ha dichiarato il neocommissario straordinario interregionale per la prevenzione e il contenimento della peste suina africana Angelo Ferrari nel corso dell’audizione congiunta delle Commissioni Agricoltura e Sanità, presieduta da Claudio Leone, che si è svolta questo pomeriggio.
Ferrari ha spiegato che per certificare l’eradicazione della malattia è necessario che passi un anno dal ritrovamento dell’ultima carcassa: “Per questo non potrà essere certificata, nella migliore delle ipotesi, prima dell’autunno 2023”. Da qui la necessità di interventi tempestivi, perchè se si verificasse il passaggio della peste suina dai cinghiali ai maiali – ipotesi finora scongiurata – “le conseguenze sarebbero assai più catastrofiche di quelle attuali, con pesantissime ripercussioni su allevamenti suinicoli e commercializzazione dei prodotti da essi derivati. Il Piemonte conta più di 1,3 milioni di suini, quasi tutti presenti nella provincia di Cuneo: un patrimonio che va salvaguardato. C’è grande attività di monitoraggio delle carcasse, come richiesto da Comunità europea e Ministero, e sono state rilevate a oggi 60 positività su un numero ingente di controlli effettuati”.
Il commissario straordinario ha spiegato che la strategia si basa sulla gestione e il controllo dei cinghiali e la creazione di ‘barriere tagliafuoco’ per creare il vuoto sanitario nella zona critica, in Piemonte e in Liguria, sia macellando sia abbattendo i capi degli allevamenti nella zona contaminata. “La proposta di una rete che dovrebbe circondare la zona infetta va affrontata con attenzione e celerità, coinvolgendo il territorio, per contenere il più possibile le fughe a est e a ovest. È necessario affrontare la situazione con la massima trasparenza ma mantenendo un basso profilo per prevenire allarmismi e, soprattutto, fake news”.
A proposito della creazione del “vuoto sanitario” il commissario regionale per l’emergenza Giorgio Sapino ha specificato che “esso è stato portato avanti in maniera soddisfacente: dei 103 allevamenti interessati a oggi ne restano ancora una decina, mentre tutti gli altri sono stati vuotati completamente tramite macellazione. Sarà necessario abbattere e distruggere i circa 6.000 suini ancora presenti nella zona infetta”.
Tra gli auditi dalle Commissioni congiunte, anche i rappresentanti delle associazioni venatorie piemontesi: Giorgio Rondano di Federcaccia, Remo Calcagno di Arcicaccia, Alfredo Monaco di Italcaccia e Alessio Abbinante di Anuu.
Tutti si sono espressi chiedendo interventi tempestivi ed esprimendo dubbi sulla recinzione, per i costi e l’efficacia in un territorio orograficamente difficile da delimitare. Da tutti è venuta la massima disponibilità per concorrere a debellare la peste suina africana.
Giorgio Rondano ha chiesto che i divieti sanciti nella zona infetta vengano fatti rispettare a tutti, compresi gli escursionisti e i ciclisti.
Remo Calcagno ha sottolineato la perdita di associati che colpirà le associazioni venatorie e ha chiesto interventi a tutela del personale che rischia il lavoro nei diversi settori colpiti dalla peste suina africana.
Abbinante ha proposto la diversificazione delle tecniche di caccia secondo le zone dell’Alessandrino e chiesto che a questo concorrano, oltre ai cacciatori, altre figure definite dalla legge.
Alfredo Monaco ha dato la disponibilità dei cacciatori a intervenire anche all’interno dell’area critica, ora negata all’attività venatoria.
Domande agli auditi sono state poste dai consiglieri Domenico Ravetti, Monica Canalis (Pd), Leone e Alessandro Stecco (Lega).