In questo spazio il nostro giornale ogni settimana intende dare spazio alle analisi su quanto sta accadendo in Ucraina.
L’approfondimento di oggi vede protagonista con Manlio Graziano, specialista di geopolitica delle religioni, docente alla Paris School of International Affairs di SciencesPo. Un’intervista che affronta il tema della narrazione di questo conflitto e riflette sugli ipotetici scenari futuri, ricordando l’importanza del dubbio metodico e del mantenere la distanza critica da ciò che leggiamo e ascoltiamo.
Su questa guerra, che narrazione si fa? Fatti, propaganda, disinformazione. Quale di queste tre componenti, secondo lei è più presente nel dibattito attuale sui media?
“Le rispondo dicendole che ho smesso di guardare il telegiornale internazionale che seguo di solito perché c’è troppa propaganda. Io ho bisogno di informazioni, ho bisogno di analisi. Analisi seria e non propaganda. Quindi seguo, tra l’altro, un telegiornale indiano, perché gli indiani hanno una posizione più equidistante. Cerco di mettere a confronto le varie posizioni e cerco di trarre qualche idea più chiara. Ovviamente quello che succede è molto difficile da capire proprio perché ciascuno ci mette la propria propaganda.
È interessante, più da un punto di vista sociologico che non geopolitico, il fatto che la gente ci creda, perché questa è la prova finale che la storia non ci insegna proprio niente. Le rappresentazioni che vengono date della Russia oggi, sono le stesse rappresentazioni che venivano date dei tedeschi nella Prima Guerra Mondiale. Non cambia praticamente nulla. La gente ci credeva allora e ci crede adesso. Penso che l’unica cosa da fare sia quella di bilanciare le varie analisi, compresa la mia, naturalmente”.
Quale suggerimento alle persone, ai lettori si sentirebbe di dare perché possano costruirsi un quadro della situazione il più obiettivo possibile?
“Non credo che ci siano delle ricette. Il consiglio più elementare sarebbe quello di mantenere il dubbio metodico e di dubitare sempre, ma non dubitare come dubitano i cospirazionisti vari che dubitano per principio e oltretutto poi finiscono per credere delle storie più fantasiose di quelle che vengono raccontate, dubitare nel senso di non prendere per oro colato tutto quello che viene detto, cercando di mantenere una certa distanza critica”.
Tornando al conflitto, in una sua intervista, lei ha dichiarato che questa guerra, da un punto di vista geopolitico, non ha una logica…
“L’assurdità di questa guerra era chiara prima ancora che scoppiasse. Irrazionale per una serie di ragioni. Si può dire che la Russia avesse già ottenuto quello che voleva prima che la guerra scoppiasse: un riconoscimento di fatto delle due Repubbliche nel Donbass, il riconoscimento di fatto dell’annessione della Crimea, la garanzia che l’Ucraina non entrasse nella Nato e un alleggerimento delle truppe alla frontiera dell’Ucraina. Nella trattativa si chiede sempre di più di quello che si potrebbe ottenere e poi ci si accorda a mezza via, si ottiene di fatto quello che non si può ottenere di diritto, perché dal punto di vista legale e giuridico tutti sapevano che quelle cose non sarebbero state concesse. Quello che sembrava interessare alla Russia era ottenere tali garanzie e io sono convinto che alcune richieste sarebbero state accolte sicuramente dagli europei e molto probabilmente anche dagli americani. Accolte per evitare una guerra e anche perché in Europa parecchi Paesi prediligono un accordo con la Russia.
C’è stata l’invasione che ha avuto esattamente il risultato opposto, l’Ucraina si è ipermilitarizzata e la Nato si è consolidata come non è mai stata consolidata prima negli ultimi trent’anni”.
L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 15 aprile 2022
Alessia Conti