“Mi hanno colpito i dati sui comportamenti fuori norma. Tutti sono preoccupanti, ma in particolare quelli sull’autolesionismo e sull’abuso di alcolici, che nonostante l’anonimato non mi aspettavo venissero dichiarati con queste percentuali”. A parlare è Luca Ianniello, studente di Storia Contemporanea all’Università Sapienza di Roma, coordinatore di una ricerca che ha portato ad indagare in tutta Italia il malessere psicologico dei giovani durante e dopo la pandemia. Si tratta di una survey condotta da Ires Emilia-Romagna e Alta Scuola Spi-Cgil (il sindacato dei pensionati), Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari su 30 mila studenti italiani. L’obiettivo era quello di comprendere i sentimenti e il cambio di comportamento di studenti universitari e delle scuole superiori vissuti durante l’emergenza sanitaria. Le dimensioni analizzate sono state quelle della sanità mentale, della convivenza in famiglia e del sentimento verso il futuro.
Ma che cos’è una survey?
“In due parole, il tipo di ricerca che è stato svolto è un sondaggio anonimo con domande a risposta multipla, la maggior parte delle volte chiusa – spiega Ianniello -. Alle domande segue solitamente una scala con cui indicare con quanta frequenza si è vissuto un certo problema, di indicare da quale regione si proviene e che scuola si frequenta”.
Questo tipo di sondaggi avviene su base volontaria e, per far sì che il partecipante non si auto-censuri, sono del tutto anonimi. “Premesso che i dati emersi sono preoccupanti perché clamorosamente chiari, bisogna specificare che la realtà descritta dal questionario è leggermente più grave rispetto alla realtà oggettiva, per due ragioni – aggiunge -. La prima è che, essendo su base volontaria, questi tipi di questionari soffrono di autoselezione, ossia tende a partecipare di più chi si sente più toccato dalla materia. In secondo luogo, molte delle domande poste (precise e mai tendenziose) hanno come risposta spesso una percezione di se stessi al posto di misurazioni oggettive. Cosa che è quasi impossibile fare parlando di comportamenti”.
Secondo i risultati della ricerca è emerso che sono aumentate le emozioni negative e la necessità di aiuto.
“Volevamo avere delle certezze su un’impressione che era emersa dal vissuto di tutti i giorni. Ossia che ci fossero tante, troppe situazioni di malessere psichico di diverso tipo tra gli studenti – spiega – ci siamo quindi rivolti a dei tecnici, l’istituto di ricerca Ires, specializzata in ambito sociale ed economico, e alla Cgil per mettere su una ricerca di 38 domande”.
Studenti delle scuole superiori (67%) e universitari (33%) hanno partecipato da tutta Italia. Emerge come durante l’emergenza sanitaria sono aumentate emozioni negative, quali la noia (aggravatasi per il 68% dei partecipanti), la demotivazione (66,2%), la solitudine (62,7%) e l’ansia (59,7%), mentre parallelamente sono diminuite quelle positive (il senso di libertà è diminuito per il 61,7%, la voglia di fare per il 60,3% e l’allegria e la serenità per circa il 56%).
Gli aumenti sono positivamente correlati con situazioni famigliari economicamente peggiorate per una parte degli intervistati o per coloro a cui è capitato di subire atti di bullismo. In media, per l’88% sono prevalse emozioni negative, con una percentuale maggiore per gli universitari rispetto alle superiori. Altro aspetto interessante è che la larga maggioranza rileva un aumento nel corso della pandemia nell’utilizzo dei social network (il 78,3%) e nel cambio di ritmi del sonno (63,9%), mentre per quasi il 50% (numero abbastanza basso a rifletterci) si sono ridotti gli incontri con gli amici. Proporzionalmente, succede di più agli studenti universitari fuori sede e a chi è più fragile dal punto di vista della salute mentale. Rispettivamente l’11%, il 14% e il 28% dichiarano di aver avuto episodi di abuso di alcol, autolesionismo e disturbi alimentari. Da tenere conto, è che “solo” nella metà dei casi in ciascuna di queste categorie, il disturbo è sorto per la prima volta durante la pandemia.
Meno disastrosa di quanto ci si immaginasse la percezione della Dad. Per oltre 7 studenti su 10 durante la pandemia la frequenza delle lezioni è rimasta la stessa o è aumentata, mentre circa la metà afferma che con la Dad i tempi dell’apprendimento sono stati più lenti e rilassanti.
Costruendo un indice che indichi le criticità e i benefici della Dad, si vede come il livello di criticità generale superi i benefici generali, ma di poco (5,7 su 10 contro 4,9 su 10). Per finire, è interessante vedere la consapevolezza nei ragazzi dell’importanza di avere un servizio psicologico nella propria università o scuola. Il 64% del campione conosce i servizi offerti dalla propria struttura. Per il 90% dei partecipanti questo tipo di servizio è importante e il 35% lo utilizzerebbe se fosse disponibile.
Foto di repertorio
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Danilo Bussi