“La fotografia che ho scattato in questi anni di esperienza è quella di una società sempre più multietnica dove, però, il tema dell’integrazione fatica a entrare nell’agenda politica tanto a livello nazionale quanto locale”. La pensa così Paolo Maccario da sei anni responsabile assieme a Daniela Iavarone dell’Ufficio Diocesano Pastorale Migranti, che anche quest’anno è l’artefice del Festival dei Popoli, una due settimane di incontri, feste, momenti di condivisione che da piccolo evento ora è cresciuto tanto da riempire il cartellone con quindici appuntamenti.

Una realtà costruita nel tempo e che coinvolge direttamente le comunità di stranieri che vivono nella nostra provincia. Quest’anno parliamo delle comunità albanese, argentina, brasiliana, colombiana, ecuadoriana, filippina, gambiana, ganese, moldava, nicaraguense, nigeriana, pakistana, peruviana, senegalese, urcaina e di Santo Domingo, alle quali probabilmente in corso d’opera se ne aggiungeranno altre.

Ma quali sono le comunità straniere più presenti nella nostra provincia?

“Sono certamente quella romena, che, secondo i dati raccolti dall’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes, conta 6.724 unità, seguita da quella albanese (4.344 persone) e quella marocchina (2.702). Poi abbiamo una buona presenza di macedoni (2.178) e nigeriani (806). Altre comunità significative a livello di organizzazione seppure non troppo numerose sono i senegalesi, che sono arrivati a fine anni ‘70 e sono stati i primi a riunirsi in associazione (l’Asiap, ndr). Solo molto più recentemente sono nate altre associazioni come Assoalbania, o quella dei gambiani”.

Chi sono stati i primi stranieri a insediarsi sul nostro territorio?

“La comunità presente da più tempo nell’Astigiano è quella marocchina. Parliamo dei primi arrivi tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80. Successivamente, dal 1991 in poi, abbiamo registrato la presenza di albanesi, mentre l’immigrazione romena la possiamo datare tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000, quando è stato aperto lo spazio Schengen. Per quanto riguarda l’immigrazione romena sono arrivate sul nostro territorio prima le donne, per lavorare e solo successivamente sono state raggiunte dalle famiglie. Diversamente a quanto è successo per i marocchini che solo dopo anni dall’ingresso in Italia e nell’Astigiano degli uomini hanno richiesto ricongiungimenti familiari. In questo ultimo periodo c’è stato un momento in cui abbiamo pensato a un flusso di ritorno della comunità albanese, ma, invece, ultimamente abbiamo registrato nuovi arrivi di famiglie dal Paese dei Balcanni, nonostante sia uno stato in forte ripresa”.

“Dal vostro osservatorio avete notato altri “movimenti” particolari?

“Da alcuni mesi abbiamo registrato l’arrivo di cittadini argentini che vengono in Italia per ottenere la cittadinanza in quanto un loro avo era un italiano emigrato in Argentina. Abbiamo poi registrato una crescita della comunità nigeriana che conta molto cristiani pentecostali e la religione rappresenta un ala sotto la quale incontrarsi e riconoscersi. Ci pare, poi, che anche nella comunità brasiliana, che sta riprendendo una serie di attività, si registrino nuovi arrivi, mentre è più difficile accertare quando la comunità filippina si sia insediata. Direi intorno agli anni ‘90 con il rientro in Italia di uomini che erano andati in Asia per lavoro e lì si erano sposati”.

L’intervista completa e altri approfondimenti sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 20 settembre 2024