Lo straniero che fugge da persecuzioni, torture o dalla guerra, potrebbe richiedere la protezione internazionale intesa come categoria unica nella quale rientrano i casi di asilo politico (status di rifugiato) e protezione sussidiaria. L’Italia prevede anche la protezione umanitaria. Ma come si richiede e ottiene la protezione internazionale? In quanti la ottengono? A queste e altre domande ha risposto il prefetto di Asti, Claudio Ventrice.
Tra i numerosi incarichi di rilievo svolti nel corso della sua lunga carriera prefettizia (ben 35 anni), c’è quello di presidente della sezione di Novara della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. “In otto anni – ci rivela il prefetto – ho ascoltato almeno 600 storie di migranti. Un’esperienza che mi ha fatto comprendere la tragedia dell’umanità”.
Ma facciamo un passo indietro e parliamo di immigrazione. “Da circa 20 anni a questa parte, noi prefetti abbiamo avuto il compito dal governo di occuparci di immigrazione e accoglienza dei migranti – spiega Ventrice -. Una materia a noi sconosciuta all’epoca, mentre oggi è di pari importanza a quella dell’Ordine e della sicurezza pubblica”. Dopo lo sbarco, chi manifesta la volontà di richiedere asilo in Italia viene trasferito dal Ministero dell’Interno in una delle strutture attivate dalle 102 prefetture sull’intero territorio nazionale, dove vengono erogati i servizi essenziali quali vitto e alloggio, in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale.
Cosa sono i Cas?
“Cas è l’acronimo di Centri di Accoglienza Straordinaria, ma a oggi costituiscono la modalità ordinaria di accoglienza. Tali strutture sono individuate dalle prefetture, in convenzione con cooperative e realtà del terzo settore secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici, sentito l’ente locale nel cui territorio la struttura è situata. Una volta assegnati i bandi, quindi, nei vari Cas vengono accolte le persone che fanno richiesta di protezione internazionale per l’intera durata dell’iter. Il prefetto ha un ruolo importantissimo perché deve mediare, deve capire dove aprire le strutture in quei comuni in cui i sindaci sono più disponibili all’accoglienza”.
Qual è la situazione nell’Astigiano?
“La nostra prefettura, insieme a vigili del fuoco e Asl, svolge un primo sopralluogo nelle strutture offerte dalle cooperative che hanno partecipato al bando, per valutare che abbiano i requisiti necessari dal punto di vista igienico-sanitario e della sicurezza. Se sono in regola, allora partiamo con le assegnazioni. Attualmente, nei Cas gestiti da questa prefettura sono ospitati 930 migranti, la metà dei quali proviene da Pakistan e Bangladesh e l’altra da Nigeria, Senegal e altre parti del mondo. Sono tutti uomini, ma c’è una cooperativa che accetta nuclei famigliari. Asti può ritenersi a buon diritto una delle province più accoglienti del Piemonte. In rapporto alla popolazione complessiva, pari a 210 mila abitanti, ospita migranti alla pari di Alessandria, Cuneo e Novara, città molto più grandi e con una popolazione più elevata. Spezzo anche una lancia a favore dei sindaci che, nella quasi totalità, hanno risposto positivamente alla mia richiesta di aprire un centro accoglienza”.
Qual è l’iter per richiedere la protezione internazionale?
“In estrema sintesi, quando il migrante entra in un Cas viene compilato il cosiddetto modello C3 da parte della questura con tutti i dati del richiedente. La questura trasmette poi la domanda alla commissione di riconoscimento della protezione internazionale”.
L’INTERVISTA COMPLETA SUL NUMERO DELLA GAZZETTA D’ASTI IN EDICOLA DA VENERDì 18 OTTOBRE 2024
Cristiana Luongo