L’”escalation” di violenza e morte in Medio Oriente è cominciata dall’invasione dei terroristi di Hamas nel Sud di Israele, oltre il confine militarizzato con Gaza. Era il 7 ottobre 2023, un punto di “frattura” e di non ritorno per il Medio Oriente. Dal massacro non soltanto di quei ragazzi che partecipavano a un rave musicale, ma anche dei civili colpiti nelle loro case, nei kibbutz, nelle strade, travolti da una furia cieca di violenza e orrore che provocò un totale di 1200 vittime, di cui 700 civili israeliani. La data del 7 ottobre 2023 non identifica l’inizio della storia, perché gli eventi che hanno segnato l’ultimo anno non possono essere letti se non all’interno del pluridecennale conflitto israelo-palestinese. È però un giorno che rimarrà per sempre segnato nella storia di Israele e della Palestina, e le cui conseguenze a medio e lungo termine sono ancora tutte da scrivere.
Da quel mattino in poi la situazione è precipitata in un baratro che appare senza fine: il governo di Israele ha sferrato un attacco furibondo contro Gaza, distruggendo edifici e vite umane. Il conto di questa “vendetta” supera le 40 mila persone uccise, in maggioranza civili. Finora qualsiasi ipotesi di mediazione diplomatica per arrivare alla sigla di un accordo di pace non ha dato frutti.
Ma ci sarà mai la pace in Medio Oriente? Lo abbiamo chiesto al giornalista Domenico Quirico, noto per i suoi reportage dai fronti più pericolosi del mondo. Quirico ha raccontato quasi tutti i conflitti del nostro tempo, collezionando una serie infinita di premi giornalistici e di viaggi all’inferno. È anche autore di numerosi volumi legati alle sue esperienze, tra cui “Kalashnikov: dal Vietnam a Gaza, in un’arma la storia del secolo crudele” (Rizzoli, 2024).
Israeliani e palestinesi arriveranno mai a un compromesso?
“Il problema è insolubile. Non esiste una possibilità concreta che tra palestinesi e israeliani giunga una qualche forma di convivenza che non sia scandita da guerra, terrorismo, rappresaglie e da tutto quello che vediamo da 75 anni”.
Perché?
“La ragione è quasi elementare, anche se facciamo finta di non conoscerla. C’è una terra sola che è la Palestina, tra l’altro piuttosto esigua, e due popoli che la vogliono interamente, al contrario di una certa leggenda che corre tra coloro che sono in buona e cattiva fede, secondo cui ci sarebbe una maggioranza di queste popolazioni disponibilissime a dividersi in due popoli e due stati. Non è assolutamente vero. Gli israeliani, nella loro stragrande maggioranza, concepiscono Israele come la riproposizione dell’Israele biblico storico prima del 70 d.C., quindi con la caduta del Secondo Tempio e la diaspora imposta dai Romani. I palestinesi vogliono la Palestina, come ripetono in modo continuo, ‘dal fiume al mare’, cioè tutta. Di fronte a questo problema di ‘matematica’ politica, da una parte due e dall’altra c’è uno, qualcuno mi deve spiegare con quale violazione della legge della fisica si possa costruire una soluzione”.
C’è il timore di un allargamento del conflitto in Medio Oriente?
“Non credo, perché peggio di così è impossibile. Israele bombarda in Siria, in Palestina, occupa un pezzo del territorio libanese e un pezzo del territorio siriano dal 1967 e compie un reiterato tentativo di trascinare l’Iran nella guerra, ma quest’ultimo se ne tiene fuori”.
Approfondimenti sulla situazione in Medio Oriente e l’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da giovedì 31 ottobre 2024.
Cristiana Luomgo