Enrico Graglia, lo scrittore horror – fantasy astigiano, già autore dei romanzi “Il cerchio di pietre” (goWare, 2020) e “Il deserto degli striati” (Independent Legions Publishing, 2024), esce con una raccolta di 13 racconti di narrativa fantastica a tinte oscure, che esplorano le diverse sfumature del genere, dall’orrore al realismo magico, dal perturbante al dark fantasy: si tratta di un viaggio letterario nei chiaroscuri della realtà e dell’Altrove, intitolata “Notturno Italico ed altre storie” (Ebook Amazon ed.).

Ci parli di questi tredici racconti raccolti nel libro “Notturno Italico ed altre storie”. Da dove parte l’idea?

“La raccolta riunisce tredici miei racconti, scritti negli ultimi anni, che esplorano il fantastico a tinte oscure: dall’orrore al realismo magico, dal perturbante al dark fantasy, con delle incursioni nella fantascienza. L’ho definito un viaggio nei chiaroscuri della realtà e dell’Altrove, che si dipana per più di 260 pagine e offre al lettore una panoramica del mio immaginario. Pubblicandola su Amazon, l’intento principale è quello di offrire un’esperienza letteraria di qualità al costo più basso possibile, pochi centesimi per il formato digitale e meno di sette euro per un cartaceo corposo e ben curato, al fine di rendere appetibile la lettura e cercare di intercettare quel pubblico che magari non si è mai accostato al genere e può esserne incuriosito: oggi il fantastico italiano ha le carte in regola per uscire dalla nicchia in cui è stato costretto fin troppo a lungo ed essere finalmente letto e apprezzato dal grande pubblico. 

Un altro aspetto che mi interessava era quello di occuparmi personalmente di tutti gli aspetti concernenti sia la realizzazione del libro, che la sua promozione e distribuzione, in totale autonomia, e vedere quali risultati sarei riuscito a raggiungere. Finora non mi posso lamentare, anzi”.

C’è un fil-rouge che collega i vari racconti?

“Il fil rouge che lega i racconti è dato dall’irrompere nella quotidianità dei personaggi di un elemento altro, qualcosa che non dovrebbe esistere e, invece, si manifesta e allora bisogna farci i conti, in qualche modo. Trattandosi di storie di oscuro fantastico, spesso questo elemento venuto dall’Altrove è minaccioso, cupo, inquietante… Altre volte, più raramente, invece no, sa di magia, anziché di paura o terrore, ma è sempre qualcosa che esula dall’esperienza comune, che mette i protagonisti – e quindi anche il lettore – di fronte a quello che non si aspettano. Un altro aspetto comune a quasi tutti i racconti e a cui tengo particolarmente è l’ambientazione in Italia: in Piemonte, soprattutto, nei paesi immaginari di Monforte Tanaro e Ripalunga, entrambi collocati idealmente nella provincia di Asti, ma anche in Sardegna e in Emilia”. 

Lei ha una grande facilità espressiva e narrativa. Quali sono le differenze tra romanzo e racconto?

“Romanzo e racconto sono due esperienze di scrittura completamente diverse. Io ho iniziato coi racconti, da adolescente, e man mano sono arrivato a concepire storie più lunghe, fino ad approdare al romanzo. La narrazione breve è più immediata, ti permette di fotografare uno stato d’animo, una suggestione, iniziando e finendo il processo creativo in un lasso di tempo di pochi giorni, cavalcando l’ispirazione, stando facilmente dentro la storia finché non arriva alla sua più o meno repentina conclusione. Il romanzo richiede tutto un’altro approccio: per gestirne la stesura ci vuole dedizione, bisogna lavorarci a lungo, attraversando stati d’animo o addirittura periodi della propria vita differenti, senza mai tradire lo spirito della narrazione, rientrandoci ogni volta, anche se magari la nostra immaginazione vorrebbe portarci da un’altra parte, costringendoci a scrivere anche se non ne avremmo voglia, se non sentiamo l’ispirazione in quel momento. 

 Ho la fortuna di riuscire a muovermi bene in entrambe le forme di narrazione, o almeno così mi è stato detto da chi se ne intende, ma devo ammettere che coi racconti mi diverto di più, durante il processo creativo. Il romanzo mi dà forse più soddisfazione dopo, quando mi accosto all’opera conclusa e la guardo nel suo complesso, da una certa distanza, diciamo. Come lettore, apprezzo allo stesso modo entrambe le forme e non capisco per quale ragione in Italia sembri esserci una preferenza per i romanzi, mentre i racconti vengono considerati un po’ di serie B”. 

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 13 dicembre 2024

Massimo Allario