Dopo Fausta Garavini, Giovanni Cocco, Vincenzo Latronico, Lidia Ravera, Letizia Muratori, Carola Susani e Anna Maria Falchi continua il nostro giro di interviste in cui, fino a domenica daremo spazio a ciascuno degli scrittori in concorso per l’edizione 2013 del Premio Asti d’Appello. A tutti abbiamo fatto le stesse domande. Oggi, dal Premio Strega per il libro Le colpe dei padri, edizioni Piememe intervistiamo Alessandro Perissinotto. Come descriverebbe “Le colpe dei padri”? “Le colpe dei padri narra la storia di un dirigente, Guido Marchisio, esperto in ristrutturazioni industriali, cioè in licenziamenti e smantellamenti di impianti. Guido svolge il suo lavoro con la massima leggerezza, incurante delle conseguenze sociali di ciò che fa, anzi, quasi convinto di avere un ruolo salvifico per l’industria italiana. Un giorno però, un banale incidente d’auto lo porta ad incontrare il ricordo di un suo sosia, di un gemello dimenticato, di una sorta di alter ego. La ricerca di quel sosia costringerà il protagonista a porsi una serie di domande sul passato e sul presente, su ciò che avrebbe potuto essere e non è. Guido scava nel passato e ritrova il Piemonte industriale degli anni ’70, le tensioni e le conquiste, ritrova una parte della sua storia e non è detto che questa gli piaccia”. Qual è la sua esperienza e quale il suo giudizio sui premi letterari in Italia? “I premi letterari, in Italia o all’estero, sono sempre delle ottime occasioni d’incontro. Incontro con i lettori, innanzi tutto; lettori che sono chiamati a esprimere il loro parere, a confrontare, a valutare e ad analizzare a fondo il testo, lettori che sono partecipi del destino stesso dell’opera letteraria. Poi c’è l’incontro tra gli autori, il piacere di acquistare una dimensione collettiva e, come ho affermato più volte, di correre insieme e non uno contro l’altro. Infine c’è l’incontro con la festa: i premi sono delle grandi feste per celebrare il libro e tutti quelli che lo amano: anche la cultura ha bisogno di feste”. Cosa pensa degli altri scrittori in concorso e del Premio Asti d’Appello? “Con alcuni degli autori in gara quest’anno ho condiviso una parte di cammino, altri, conosciuti solo attraverso i loro libri, saranno una bella scoperta. Del premio Asti d’Appello mi affascina soprattutto la formula: una prova d’appello è la gioia di rimettersi in gioco, è un modo per rivivere emozioni e anche, come dicevo, per non perdere di vista le persone con cui si è lavorato per altri premi. L’idea dell’arringa finale è molto romanzesca: non mi è mai capitato di inventarmi come avvocato di me stesso; ci proverò”. Marianna Natale