Il Piemonte “si sta sempre più configurando come la pattumiera nucleare di gran lunga più grande di tutta Italia”. E’ questo il monito perentorio lanciato da Legambiente e Pro-Natura a commento dei dati diffusi nell’ultimo rapporto dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Sotto la lente d’ingrandimento delle due associazioni ambientaliste “il peso del nucleare pregresso” e come esso “gravi quasi tutto sul Piemonte, sia per quanto riguarda i rifiuti radioattivi giacenti, sia per quanto riguarda gli scarichi di radioattività in aria e in acqua”.
Il Piemonte ospiterebbe, infatti, “il 96% di tutti i tipi di sostanze radioattive presenti – spiegano le due associazioni – e se si considerano solamente i rifiuti radioattivi (per i quali non è attualmente previsto alcun trasferimento ma, anzi, il consolidamento della loro presenza grazie alla realizzazione di nuovi depositi nucleari collocati negli attuali siti di Saluggia, Trino e Bosco Marengo), il Piemonte è costretto a ospitarne oltre il 72%”.
A destare ulteriori preoccupazioni sono inoltri gli scarichi di rifiuti radioattivi di centrali e impianti nucleari non più funzionanti che, sempre secondo le valutazioni di Legambiente e Pro-Natura, “scaricano in aria e in acqua in modo sistematico e ”autorizzato”. La problematica maggiore è quella legata alla cosiddetta acqua “superpesante” o “triziata”, ossia venuta a contatto con il trizio gassoso che è “radioattivo”. Il nefasto primato di questi scarichi “spetta di gran lunga all’ex centrale di Trino, nel vercellese”, precisano gli ambientalisti, e il dato trova conferme anche nello studio “Radioactive effluents from nuclear power stations and reprocessing plants in the European Community” prodotto dalla Commissione Europea nel 1976 e che già allora metteva in luce come la centrale vercellese condividesse con l’impianto francese di Chooz il primato europeo di rilascio di effluenti liquidi radioattivi, con valori fino a 100 volte superiori rispetto ad altri stabilimenti.
La pericolosità del trizio è ben nota in campo medico; il dottor Giuseppe Miserotti, presidente dell’Ordine dei Medici di Piacenza, ha in più occasioni illustrato come anche piccole dosi di trizio possano intaccare i tessuti umani più delicati (sangue e midollo) e che la contaminazione attecchisca in particolar modo sui bambini, i quali hanno tessuti più permeabili.
L’allarme per gli scarichi di trizio si estende anche al Lago Maggiore: “Oltre al trizio scaricato da tutte le ex centrali nucleari – insistono le due associazioni – anche il centro nucleare Euratom di Ispra (Varese) ne scarica inaspettatamente moltissimo (341 miliardi di Becquerel nell’anno 2010)” e lo scarico avverrebbe “nel Lago Maggiore e in prossimità del territorio Piemontese”.
Da qui la necessità di lanciare un “nuovo ulteriore grido d’allarme”, concludono.
La Sogin, società di gestione degli impianti nucleari che si occupa della bonifica ambientale dei siti e della sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha presentato il 10 luglio scorso, in Senato, un’indagine conoscitiva sulla strategia energetica nazionale, in cui ha quantificato in 5 miliardi di euro il costo del “decommissioning” (smantellamento degli impianti nucleari) per arrivare a prato verde.
Nel dettaglio: 1,8 miliardi di euro per lo smantellamento delle centrali, un miliardo per il riprocessamento del combustibile, 1,4 miliardi per il mantenimento in sicurezza di centrali e impianti, 800 milioni per il conferimento al Deposito Nazionale dei manufatti condizionati.
Per quanto riguarda i siti nucleari piemontesi la Sogin ha chiarito che per la centrale di Bosco Marengo (provincia di Alessandria) si stanno ultimando i lavori di smantellamento mentre a Saluggia è stata avviata la realizzazione di un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi (D2) e si sta procedendo con l’aggiudicazione della gara d’appalto per la realizzazione dell’impianto Cemex, che avrà la funzione di “cementificare” il materiale radioattivo attualmente conservato nel sito Eurex allo stato liquido (il bando d’appalto, del valore di 145 milioni di euro e con un termine d’esecuzione dei lavori di 84 mesi dall’aggiudicazione, fu pubblicato la prima volta il 27 luglio 2010 e successivamente autoannullato dalla Sogin il 14 gennaio 2011.) In cantiere anche la “progettazione di un impianto di trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi pregressi e da futuro smantellamento”.
Per quanto riguarda invece il sito di Trino è prevista la progettazione per lo smantellamento del Sistema Primario dell’isola nucleare. Costo dell’operazione: 234 milioni di euro per la bonifica, di cui 52 per il conferimento dei rifiuti al Deposito Nazionale.
Il riutilizzo del territorio decontaminato è previsto per il 2024 mentre il completamento delle operazioni di smantellamento (con i rifiuti temporaneamente “parcheggiati” nel sito in attesa di essere trasferiti al Deposito Nazionale) è stimato nel 2019. Lo smantellamento è stato approvato – mercoledì 8 agosto – dal Ministero dello Sviluppo Economico su parete dell’Ispra e delle altre istituzioni competenti e rappresenta il primo caso di ottenimento del decreto di disattivazione in Italia.
Fabio Ruffinengo