Asti Doc – RESILIENZA di Andrea ed Antonio Cavallini
Incontro con Paolo Ruffini
“Il film “Resilienza” è un documentario ispirato alla storia di Alessandro Cavallini che se ne è andato a soli 14 anni, vitt…ima di un gravissimo tumore pediatrico, il Neuroblastoma IV stadio, e alla sua vita da “resiliente”. La resilienza e’ la capacità cioè “di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita dinanzi alle difficoltà”, individuata da più punti di vista, osservata attraverso lo sguardo disincantato di Paolo Ruffini e la sua presenza ironica e leggera, capace di trasformare un tema così ostico come quello della malattia oncologia pediatrica, in una realtà da supportare con il sorriso.
ore 16,00 Museo di Sant’Anastasio
Presentazione del libro TUTTO BENE di Paolo Ruffini (Edizioni TEA)
Per tutta la vita Stefano ha evitato di prendere impegni, di assumersi responsabilità. Non ha mai voluto nulla che fosse «per sempre»: né tatuaggi sulla pelle, né tantomeno legami personali. Si è limitato a galleggiare in una duplice esistenza. Davanti alla macchina da presa è «Steve» Nigiotti: attore brillante in rapida ascesa, disinvolto, esuberante. La sua vita di tutti i giorni, invece, è piuttosto squallida, solitaria e minata da ricorrenti attacchi di panico che lo paralizzano. Una sera qualcuno suona alla sua porta, ma non è la ragazza che Stefano stava aspettando: grandi occhi azzurri, faccino serio e trolley di Hello Kitty al seguito, Sara ha sette anni ed è… sua figlia. Peccato che lui non ne avesse idea. Non aveva mai nemmeno sospettato che dalla sua storia di una notte con la cubista Michi+ fosse nata una bimba, perché lei l’aveva sempre tenuto all’oscuro di tutto. Ora però Michi+ è finita in un guaio più grosso di lei, e qualcuno deve occuparsi della piccola Sara: tocca a Stefano. Per lui niente sarà più lo stesso: Sara prima gli metterà sottosopra la casa e la vita, poi lo rimetterà in riga con la sua saggezza di bambina abituata a prendersi cura dei “grandi” un po’ incasinati che la circondano. Giorno dopo giorno, tra nuovi arrivi e il ritorno inaspettato di vecchie conoscenze, Stefano e Sara impareranno a vincere le rispettive paure e a volersi bene come mai avrebbero immaginato. E Stefano imparerà che «per sempre» può avere un suono meraviglioso.
ore 17,00 Sala Pastrone
Asti Doc – NOI, ZAGOR di Riccardo Jacopino
Incontro con l’autore
Primi passi, costruzione e consolidamento di un mito del fumetto italiano: Zagor, lo Spirito con la scure, nasce nel 1961 dall’incontro tra l’editore Sergio Bonelli e l’ideatore grafico Gallieno Ferri, andando a segnare una concezione più problematica e sfumata del classico eroe tutto d’un pezzo. Del giustiziere di Darkwood, il documentario di Riccardo Jacopino dà un’accurata descrizione attraverso interviste alle persone che lavorano tutti i giorni alla creazione dell’albo come a quelle che, tra le sue pagine, trovano l’accesso per un luogo magico e insostituibile. Dalla casa sulla scogliera di Recco dove vive Gallieno Ferri fino alle convention degli appassionati, Noi, Zagor si caratterizza per una palese partecipazione all’oggetto del racconto, un entusiasmo palpabile che il regista non tenta minimamente di dissimulare. Documento realizzato da un fan ad uso di altri fan, questa celebrazione del personaggio bonelliano riesce, in alcuni momenti, ad interessare anche i profani quando sposta l’attenzione sull’indeterminata voglia di stupore insita in ognuno: dallo “zagoriano” di ferro che vende l’appartamento di famiglia per avere la collezione completa degli albi originali al rapporto strettissimo tra la redazione e i lettori si svela l’importanza fondamentale del rifugio nel mondo della fantasia, il piacere dell’immersione in un universo parallelo in cui poter spaziare, magari per restare in contatto con un sentimento legato alla propria infanzia. Altrettanto coinvolgente risulta poi la descrizione di tutte le fasi di quel processo creativo – dalla scrittura delle sceneggiature al disegno delle tavole fino alle correzioni dell’ultimo momento – in cui ogni collaboratore mette qualcosa di sé oltre alla propria competenza (è sufficiente dare un’occhiata ad una foto giovanile di Gallieno Ferri per capire su chi sia modellato l’aspetto dell’eroe). Presente soltanto in un breve frammento d’intervista, Sergio Bonelli (1932-2011), che firmava le proprie sceneggiature con lo pseudonimo di Guido Nolitta, è continuamente evocato nei racconti, presenza-assenza messa in luce anche rispetto al padre Gian Luigi in un confronto da cui emergono differenze caratteriali rispecchiate nelle rispettive “creature”: il granitico capostipite era Tex quanto il più aperto e problematico figlio era Zagor. Tra tutte le testate della casa editrice, quella dedicata allo Spirito con la scure mescola il maggior numero di generi, ecco una definizione dello stesso Bonelli: «Zagor nasce dalla mia autentica passione per il cinema. Non tanto, o non solo, quello con la “C” maiuscola: ma anche, e forse soprattutto, quello dei vecchi B-movies, dei film cosiddetti “di paura”, d’orrore, di mistero, di soprannaturale». Tra gli “zagoriani” intervistati figura anche il filosofo e matematico Giulio Giorello.
ore 18,30 Sala Pastrone
LA PRIMA COSA BELLA – CI VORREBBE UN MIRACOLO di Davide Minnella
Incontro con il regista ed Elena Di Cioccio
Tra le profondità di una storia di miracoli e gli abissi marini, Gianluca ed Elena vanno a pesca della verità sui mali che infestano il Mediterraneo. Chi sta avvelenando il nostro pesce e i nostri mari? Un?inchiesta semiseria tra inquinamento e superstizione. Sarà tutta da ridere?
ore 21,00 Sala Pastrone
LA PRIMA COSA BELLA – PICCOLA PATRIA di Alessandro Rossetto
Incontro con Maria Roveran
Italia, Nordest. Lucia e Renata sono due ragazze che vivono in un paesino di provincia e che hanno come principale desiderio quello di acquisire denaro per poter partire. Lavorano sottopagate come cameriere in un grande albergo. Luisa ha un ragazzo, l’albanese Bilal, che utilizza a sua insaputa per rapporti erotici cui assiste pagando un uomo con cui Renata ha intrecciato una relazione fatta di sesso e soldi. I rapporti tra i locali e gli immigrati sono tesi e Lucia e Bilal ne sono consapevoli. Alessandro Rossetto al suo primo lungometraggio, dopo una lunga esperienza come documentarista, centra il bersaglio con il suo primo film cosiddetto ‘di finzione’. Cosiddetto perché in Piccola patria di finzione ce n’è ben poca mentre appare in tutta la sua brutale evidenza il ritratto in nero di un’Italia che sta precipitando nell’abisso di un vuoto culturale che sta divorando anche i valori minimi indispensabili per una convivenza che voglia definirsi civile. Rossetto è consapevole (e lo dice) che le storie che compongono il film “sarebbero potute accadere in una qualsiasi provincia del mondo” ma sa anche come collocarle in un contesto socioambientale preciso. Sono innumerevoli le inquadrature (con particolare rilievo per quelle a piombo dall’alto) che mostrano un territorio in cui tutto è stato degradato, come canta un coro alpino che non glorifica più il passato ma denuncia amaramente il presente. È in questi spazi di capannoni, sterpi e case in cui ognuno consuma il proprio sterile privato (perché le piazze non ci sono più) che si sviluppano le tragedie dell’incomprensione.