“Il primo giovedì dopo 42 anni, che posso passeggiare in corso Vittorio Alfieri nella settimana prima del Palio. Arrivando nella piazza omonima nella quale sono ormai 28 anni che si corre il Palio, vedo tanti giovani e non, con il loro fazzoletto come riconoscimento del Borgo di appartenenza. Incontri tra borghigiani rivali, amichevolmente rivali. Giro l’angolo del Cocchi , non incontro più il “ Besu” il Mirco di Santa Maria Nuova, l’Elio Ruffa, del San Rocco , con altri simpaticissimi veri nostri amici ”nemici” del mio Tanaro. I gruppetti che speravi di incontrare e immancabilmente erano li ad aspettarti per iniziare uno sfottò allegro, che non avresti voluto finisse mai. Nemmeno l’ora di pranzo o cena ti faceva allontanare da loro . Ed ecco, lì, con tanti altri sentivi l’astigianità,” il puro piemunteis “ La voce, la risata di casa di tanti amici che non ci sono più. Ma in nessun momento dell’anno mi sono così presenti sotti i portici della piazza Alfieri Manca la loro presenza, altri avrebbero potuto prendere il loro posto , ma con il mondo che cambia è impossibile . E ’difficile incontrare chi ti saluta con uno schietto “ciarea” e a breve non sentirai nemmeno più il “ciao”. Una cosa che invece non ha cambiato, nel vedere personaggi al bar che, nel sorbire un “aperipalio” o un caffè , senti in certi momenti, un’onda del più piacevole odore che sa di corsa di Palio, con il caratteristico: “profumo” di stalla, di cavalli Osservi i visi Alcuni con rughe, abbronzati dall’aria non di spiaggia, ma di lavoro nell’allenare i cavalli per la corsa di domenica. Mi soffermo e faccio finta di osservare gli articoli della vetrina di rimpetto ai tavolini. ( Non sono più tanto giovane e la vita mi ha staccato un po’ da quel mondo fantastico del Palio) Mi diverto , ragiono sul loro entusiasmo. Tutti si sentono il numero uno protagonista della futura corsa. Una buona partecipazione nel giorno del Palio , l’ho già vissuta in quel quarto d’ora. Pacche sulle spalle, ( a queste devi stare attento ,possono essere vili ) parole che battono il tempo come una galoppata sulla terra della pista. Ecco che entri immediatamente nel mondo del Palio. Proseguo la mia , mai vissuta passeggiata, vedo operai che stanno scaricando la terra per costruire la pista dove correranno 21 cavalli . L’odore della terra. Ecco l’’ultimo senso che ti prende e ti avvolge e come una coperta ti imprigiona l’entusiasmo che si libererà al momento della caduta del canapo. E vaiiiii! Questi attimi descritti, sono appunto le pedine che vanno per questa corsa, al loro giusto posto nei fiduciosi cuori dei borghigiani, con le immancabili preghiere con gli occhi al cielo, con voti, candele accese a non finire, mani in tasca che nascondono corna, dita incrociate, gabale con fantasie impensabili Tre minuti di corsa sono il finale di tanto lavoro di tante persone di tante speranze . Uno vince , gli altri 20 se ne tornano a casa delusi ma con un’ altra consolazione: quella di aver vissuto con tanto amore la più bella manifestazione del Piemonte ( e non solo)”. Piero Fassi