Il gip del tribunale di Asti ha emesso tre misure di custodia cautelare in carcere per una frode in commercio nel settore vinicolo.
Le indagini partite dal Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia hanno portato al sequestro 150 mila bottiglie di normali vini da tavola venduti invece come “Igt” o “Doc”.
L’indagine è partita dalla verifica fiscale di un’azienda agricola trevigiana che dalle risultanze degli inquirenti vendeva vini con etichette risultate fasulle, riportanti cioè denominazioni che il vino non aveva.
Dal primo sequestro di bottiglie (circa 81 mila pezzi) gli investigatori sono risaliti a un’azienda dell’Albese che aveva aveva comprato le bottiglie rivendendole a sua volta sia al mercato italiano che in quello nordeuropeo usando anche altro vino dalle medesime caratteristiche ma reperito da altri operatori. In questo senso si è configurata la frode in commercio.
Ma gli investigatori hanno parlato anche di evasione fiscale dato che molte bottiglie con etichette fasulle veniva per giunta vendute in nero.
Differente il metodo di vendita per il vino in Italia e negli altri Paesi europei, principalmente Gran Bretagna, Belgio e Germania.
In Italia le imprese produttrici operavano la cessione di modesti quantitativi di vino a operatori economici compiacenti, emettendo regolare documento di trasporto e fattura con applicazione dell’Iva A queste stesse ditte, in realtà, il vino veniva ceduto “in nero” in quantità ben maggiori, grazie all’interposizione di imprese virtuali, senza un’effettiva organizzazione aziendale, alle quali il prodotto veniva fittiziamente venduto con false fatture, tra l’altro senza applicazione dell’IVA per effetto dell’utilizzo di dichiarazioni attestanti l’intento di esportare la merce emesse dalle stesse aziende fantasma.
Più complesso invece il meccanismo di vendita all’estero.
“Nel territorio comunitario, invece, veniva predisposto il documento univoco di accompagnamento prescritto dalla normativa in materia di accise per i trasporti di prodotti alcolici. Se, durante il tragitto per raggiungere la destinazione indicata nei documenti, il carico non aveva subito controlli delle Autorità, la merce veniva dirottata, in evasione di IVA e accise, presso siti di stoccaggio di soggetti terzi complici dell’acquirente comunitario – spiegano dal nucleo di polizia tributaria di Venezia -. Lì, il documento di trasporto originariamente predisposto veniva sostituito con altro attestante la cessione di pasta fresca, alimentari o succhi di frutta, gravati da imposizione fiscale molto minore rispetto a quella prevista nei Paesi nord-europei per i prodotti alcolici”
Una procedura che veniva ripetuta più volte, per cui a fronte di un unico documento venivano effettuati numerosi trasporti, di cui solo l’ultimo era regolarmente fatturato.
Per effetto del sistema di frode, inoltre, le imprese italiane coinvolte hanno omesso di dichiarare ricavi per oltre 25 milioni di euro ed evaso l’IVA per oltre 7 milioni.
Parte dei proventi ottenuti dall’attività illecita è stata utilizzata da uno degli arrestati per acquistare un immobile, intestandolo alla figlia, che è stata denunciata per riciclaggio, in quanto risultata essere a conoscenza dell’origine illecita della provvista di denaro.
Tre le persone raggiunte da misura cautelare in carcere, due invece raggiunte dall’obbligo di dimora. Una sessantina gli indagati.