“La proposta dell’Amministrazione di anticipare il Palio alla prima domenica di settembre rappresenta insieme una buona e una cattiva notizia. Buona perché per la prima volta, dopo cinquant’anni, qualcuno decide finalmente un cambiamento; cattiva, perché la mera anticipazione di due settimane costituisce soltanto un lieve miglioramento meteorologico ben lontano dalla profonda revisione di cui il Palio – ma meglio sarebbe dire il Palio e le Sagre – necessiterebbe per compiere quel salto di qualità che la città meriterebbe.
Non è conveniente mantenere i nostri due eventi maggiormente attrattivi concentrati in otto giorni: chi giunge ad Asti per il Palio non ci tornerebbe la settimana successiva per le Sagre e viceversa: Sagre e Palio continuano a pestarsi reciprocamente i piedi.
Così come non é conveniente far durare le due manifestazioni lo spazio di un solo giorno: le Sagre poi, collocate in un luogo avulso dal contesto architettonico storico della città, la sera del sabato e la domenica, quando i negozi sono chiusi, attraggono un turismo “mordi e fuggi” inutile alla città.
Ben più premiante per noi astigiani e per i turisti sarebbe progettare due poli turistici della durata di più giorni: il primo, costituito dalle festività di San Secondo a dal Palio, legato alla Storia di Asti, da tenersi a maggio o a giugno (non sarebbe la prima volta che si spostano le festività del Santo patrono per ragioni climatiche e di opportunità); l’altro, comprendente Sagre e Douja, celebrerebbe a settembre il territorio e la sua enogastronomia di eccellenza.
Una manifestazione non si connota tanto dall’evento che la contraddistingue (nella specie una corsa di cavalli e una mangiata collettiva precedute dalle rispettive sfilate), ma piuttosto dall’atmosfera che si crea nella città intorno e nei giorni precedenti alle manifestazioni.
É dunque su questo aspetto che bisognerebbe lavorare, pensando di creare, con il supporto di Enti e associazioni, in entrambe le occasioni i presupposti perché i turisti siano indotti a fermarsi ad Asti per più giorni, immergendosi in una atmosfera pulsante, coinvolgente e di festa, ricca di eventi preparatori a quelli della domenica: se vogliamo un esempio di quello che intendo, pensiamo ad Asti i giorni dell’adunata degli alpini.
Per quanto attiene al Palio si dovrebbe consentire ai comitati di usufruire di strutture collocate nei propri territori ove potere esporre la propria araldica e i propri costumi, vendere i propri oggetti (le bancarelle del giovedì hanno fatto il loro tempo), svolgere le proprie cene. si potrebbe organizzare il venerdí, in notturna, una grande sfilata senza limiti di figuranti, riducendo poi quella del Palio, il sabato si potrebbe pensare ad una prova generale con i gli stessi cavalli e con le stesse batterie della domenica, preceduta dal sorteggio in piazza, oltre naturalmente agli antichi riti dell’offerta e della stima, oggi scissi dal Palio e alle più recenti tradizioni del Paliotto, della sfilata dei bambini, del giuramento dei rettori.
Una revisione delle Sagre dovrebbe a mio giudizio promuovere la collocazione degli stand disseminati nel nostro centro storico per la durata di tre giorni, in modo che la degustazione dei piatti diventi qualcosa di più di una mera esperienza gastronomica. Bisognerebbe iniziare poi a domandarsi perché Cheese a Bra in tre giorni ha raccolto trecentomila visitatori e la Douja in dieci soltanto ventiseimila: una Douja coordinata con le Sagre, un po’ più popolare e meno “recintata” potrebbe veramente rappresentare un volano per nostra produzione vinicola.
Oggi un turista che giunga ad Asti il sabato prima del Palio o delle Sagre non nota nulla di particolare a meno che non alzi gli occhi e non scorga delle bandiere.
Prima di incominciare la campagna elettorale il Sindaco aveva stimolato una ampia raccolta di idee sul Palio: era emerso da quasi tutti gli interventi la necessitá di trasformare l’evento dalla dimensione di mero spettacolo, quale sostanzialmente oggi ancora é, ad una dimensione di festa, quale era d’altra parte nell’antichitá: ad uno spettacolo si assiste, ad una festa si partecipa: un coinvolgimento del tutto diverso.
Dunque bene farebbe l’Amministrazione e il prossimo Consiglio del Palio a soprassedere alla decisione di anticipare di quattordici giorni il Palio, ad evitare di “cambiare perché nulla cambi” e invece ad armarsi di coraggio e predisporsi a cambiare davvero, offrendo un’importante chance all’economia e all’immagine del nostro territorio”.
Paolo Bagnadentro