«Ho finito i compiti», diceva C., con tono supplicante al termine della giornata. Poi sbatteva i ponderosi vocabolari, tirava una biro verso il portapenne, senza neanche tentare di centrare il bersaglio. «Andiamo a farci una passeggiata?»….
Era la ripetizione inconscia di una vecchia litania, la prima frase in assoluto che avesse pronunciato. Bimba brava fuori. Le richieste di C. affondavano in me, spaccandomi in due. Mi avevi promesso che avrebbe funzionato. Niente di tutto questo sarebbe stato necessario, con una persona più semplice di te…
Come siete venuti a conoscenza di Asti Nuovi Rumori? Perché avete deciso di partecipare?
“Abbiamo suonato insieme ai Ribbon Ink, un gruppo di Asti che, grazie ad Asti Nuovi Rumori, ha avuto la possibilità di suonare su un palco importante. In ogni caso abbiamo deciso di iscriverci anche per uscire un po’ da una realtà come quella torinese, dove spesso il fattore “amici-che-ti-vengono-a-sentire” falsa vagamente il feedback che hai nei confronti di quello che suoni sul palco”.
Ci sono degli artisti a cui vi ispirate?
“Siamo in quattro e ascoltiamo musica completamente diversa, pur restando relativamente sul rock. Talvolta succede che un ascolto consigliato dall’uno venga inaspettatamente accolto con piacere dall’altro: sono questi i gruppi cui prestiamo maggiore attenzione. E’ bello amare qualcosa che fino a ieri detestavi. Due nomi su tutti? Yeah Yeah Yeahs e Blonde Redhead”.
Tre aggettivi per descrivervi.
“Consueti, inconsueti, concreti”.
L’esibizione più memorabile della vostra carriera?
“Circolo Garibaldi, a Torino: per la prima volta ci siamo divertiti tutti e quattro, senza pensieri laterali. Sembra strano, ma chi ti ascolta queste cose le capisce”.
Qual è il traguardo musicale più alto che sperate di raggiungere con la vostra produzione?
“Sentire il pubblico che canta le nostre canzoni mentre le stiamo suonando: molto ma molto difficile”.
Che ne pensate della situazione musicale underground italiana?
“Ci sono tante sotto-situazioni, tante nicchie, tanti affermati che si fingono emergenti e non pochi emergenti a cui in fondo va bene così, tanti “consorzi-underground” che non comunicano tra loro. C’è troppa ansia di buttarsi sull’altrove internazionale senza capire bene come e perché. Ci sono assurdità, per cui se un gruppo misconosciuto riesce finalmente a vendere, viene definito “commerciale” nel senso deleterio del termine. Troppa poca voglia di “divertirsi” e di “sentire”, più che “ascoltare”. Detto questo, ci sono anche delle ottime iniziative, come i concorsi economicamente accessibili e ben organizzati, le compilation gratuite di Rockit.it, fino ad arrivare alla raccolta “Il paese è reale” organizzata (faticosamente) dagli Afterhours”.
Cd – mp3 pirata o download a pagamento?
“Da un lato i Creative Commons gratuiti, dall’altra i download a pagamento senza protezioni software assurde. L’ascoltatore ha il diritto di non perdere tempo: stare dietro a tecnologie come il DRM diventa lungo, difficile, noioso. Un altro problema sono i grandi circuiti di distribuzione online, che si “dimenticano” una buona fetta di musica non molto conosciuta o di album ormai datati. Fino a quando non sarà possibile accedere a tutto, ci sentiremo sempre un po’ pirati”.