Continua il diario del nostro vescovo Marco Prastaro in vacanza (si fa per dire) nelle terre del Kenya che l’hanno visto impegnato per ben tredici anni come missionario Fidei Donum. Panorami e animali, ma soprattutto impegno episcopale con incontri, liturgie festose e anche cresime e prime comunioni.
Venerdì 12 luglio
Sono le 6,00 e siamo nuovamente in cammino. Le strade di Tassia sono vive e affollate anche in quest’ora di risveglio della città. Il traffico è già intenso ma non è ancora congestionato. In meno di 40 minuti siamo in centro città. Poiché non so che pullman prendere, saliamo su un taxi che dopo una breve contrattazione accetta di portarci alla casa dei missionari della Consolata con circa 5 euro. Quando arriviamo stanno celebrando messa. Ne approfittiamo per andare a dire una preghiera al vicino santuario della Consolata. Anche lì c’è Messa, ci sono almeno un centinaio di persone, in prevalenza uomini, che pregano prima di andare al lavoro.
Facciamo colazione con Mons Pante che ci accoglie con grande familiarità e allegria. Ieri è uscito dall’ospedale, non è proprio in forma, ma da uomo forte come è lui non lo da a vedere.
A colazione con noi c’è anche P Riboli, che è stato a lungo amministratore a Maralal, con lui ho lavorato molto negli anni in cui ero vicario Generale. Poi c’è anche padre Martinelli, da anni ormai in casa regionale, ha seri problemi di cuore, ma lavora molto e ride sempre volentieri, forse per questo è ancora vivo.
Alle 9,45 iniziamo il nostro viaggio verso Maralal, ci attendono 360 km. Usciti dalla città la strada inizia a salire fino a quota 2300 metri, quando arriviamo sul lato della Rift Valley, da dove ammiriamo il vulcano del Logonot, il lago Naivasha, si vede anche la strada costruita dai prigionieri italiani al tempo della II guerra mondiale.
La strada poi scende verso Naivasha, e qui si costeggia la grande tenuta dei Delamere, fra i primi coloni del Kenya, di loro ne parla anche la Karen Blixen nel suo famoso romanzo ‘La mia Africa’. Ci fermiamo un momento in un’area di sosta ed acquistiamo il pranzo da mangiare in macchina: pollo alla Thika, samosa alle verdura e alla carne, patatine fritte e bottiglie di acqua. La ragazza che ci serve al bancone ha tutti i denti consumati e neri, tipico di chi ha bevuto per anni acqua con molto fluoro (e molta dell’acqua del Kenya ha livelli alti di fluoro!)
Riprendiamo il viaggio, passiamo davanti alla croce posta nel luogo in cui fu trovato cadavere padre Kaiser, un missionario di Mill Hill, ucciso perché aveva detto parole vere di accusa su un potente locale. Tentarono di mettere le cose in modo che sembrasse un suicidio, ma i Vescovi del Kenya si unirono ad una sola voce per dimostrare che ciò non era vero. Gli assassini del padre non furono mai trovati. Io avevo incontrato padre Kaiser pochi giorni prima del suo assassinio ed ho il ricordo di un omone americano, quasi un cowboy dei film, mi parve molto agitato e preoccupato.
Un po’ più avanti iniziamo a vedere i primi animali: alcune zebre, dei babbuini, qualche gazzella solitaria.
A Nyahururu attraversiamo l’equatore e rientriamo nell’emisfero nord della terra. Quindi arriviamo a Rumuruti dove ci fermiamo un momento in parrocchia per una pausa tecnica e per farci offrire un caffè.
Un tempo qui finiva la strada asfaltata e attendevano 120km di sterrato. Oggi non è più così perché sono stati asfaltati altri 50 km e stanno lavorando per arrivare fino a Maralal. Come molte delle grandi opere pubbliche in Kenya, il lavoro è stato affidato ad una compagnia cinese.
Per tutto il viaggio Mons. Pante ci ha tenuti svegli con i suoi racconti e aneddoti, alcuni di caccia, altri di animali, molti di sue avventure africane.
Quando arriviamo allo sterrato, iniziamo a ballare di più sulla macchina e soprattutto a respirare tanta polvere. Non ci accorgiamo di questo poiché ci impegniamo per scorgere animali nella savana. Il nostro impegno è premiato, vediamo ancora zebre e gazzelle, ma anche le gru coronate, e soprattutto un bel gruppo di Ilam, la più grande gazzella d’Africa.
Dopo una breve pausa a Suguta affrontiamo gli ultimo 35 km prima di Maralal.
Alle 18,30, finalmente arriviamo a Maralal, non prima di passare alla posta a ritirare alcuni pacchi, di passare a prendere i giornali di questi giorni ed infine un po’ di pane.
Ci sistemiamo in vescovado, che in questi anni non è cambiato se non nel colore esterno che oggi è di un intenso blu madonna.
Dopo cena chiacchieriamo un po’ in ufficio di Mons Pante, poi ad un certo punto va via la corrente e allora andiamo a dormire. Sono le 21,30 e finalmente possiamo riposare, dopo tre giorni di corse e levatacce.