Un viaggio per riflettere, stare insieme, per vivere meglio la propria interiorità, per conoscere se stessi aprendosi all’altro. Un gruppo di trentanove ragazzi della Diocesi di Asti trascorrerà una settimana nella comunità di Taizè. Un pellegrinaggio organizzato dalla Pastorale Giovanile che difficilmente i ragazzi dimenticheranno.
Giorno sei
Siamo giunti al venerdì di questa settimana nella comunità di Taizé.
Ieri sera, per accogliere il nostro vescovo Marco, il nostro gruppo si è incontrato e insieme abbiamo condiviso alcune riflessioni riguardo a queste giornate. Siamo tutti molto entusiasti di questa esperienza così arricchente: Taizé è il luogo in cui poter incontrare Dio nell’altro; e qui, grazie alle diverse lingue, culture e tradizioni, l’incontro si fa ancora più unico e speciale.
Questo pomeriggio finalmente siamo al completo: è arrivato anche Davide, dalla parrocchia della Torretta, pronto a vivere insieme a noi questi ultimi giorni così ricchi.
Alle ore 17 ci siamo incontrati per la S. Messa, celebrata dal nostro vescovo Marco. Il brano di Vangelo di oggi, quello in cui viene narrata la parabola delle dieci vergini (Mt 25, 1-13), è stato il punto di partenza del nostro vescovo per parlare del nostro rapporto con Dio.
L’olio che serve per alimentare le lampade, rappresenta la nostra fede. E – ha continuato il vescovo – il nostro rapporto con Dio si nutre proprio di questo olio. Questo rapporto è spiegato qui nella relazione tra lo Sposo e la sposa: deve essere anch’esso un rapporto di Amore e non solo intellettuale.
Il vescovo Marco ci ha fatto notare come l’olio sia un elemento presente in vari contesti del Vangelo. Per esempio nella famosa parabola, il Buon Samaritano cura le ferite dell’uomo aggredito usando olio e vino. Questa sta a significare che non è possibile crescere nella Fede se non ci si prende cura dell’altro.
“La Fede, in conclusione, ha bisogno dell’intenzione, della disponibilità all’altro e della consapevolezza di avere qualcosa da donare.”
Alla fine della celebrazione, il nostro vescovo ci ha rivolto l’invito di “aggiornare” la Chiesa: questo non significa cambiarla – ha precisato – ma scoprire qual è il nuovo modo di fare Chiesa per adattarla a questo momento di cambiamento. Per farlo ci serve “gente che crede pregando e gente che crede dandosi da fare per gli altri”.
Questa sera, come ogni venerdì sera qui a Taizé, ricorderemo la passione e crocifissione di Gesù con l’adorazione della croce che seguirà la preghiera e continuerà fino a tarda notte con i canti. La croce verrà messa a terra e i fedeli che vorranno, potranno raggiungerla in ginocchio e appoggiare la fronte. Si tratta di un modo concreto di vivere l’insegnamento di Gesù “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo.” (Matteo 11, 28). Questo gesto vuole essere simbolo della nostra unione in lui, posando sulla croce tutte le nostre mancanze e preoccupazioni per affidargliele.
Don Luigino, che insieme a Don Rodrigo e al vescovo ci accompagna in questa esperienza, ci affida le sue parole.
“Taizè, il “quinto Vangelo”. Non si può raccontare, ma vivere … Come direbbe San Francesco: il Vangelo lo si vive sine glossa, solo se è poi necessario lo si fa parola. Non è nemmeno una nuova forma di spiritualità, è chiesa delle origini dove si era un cuore solo e un’anima sola, riuniti attorno alla Parola e alla frazione del Pane e dove ogni bene veniva condiviso per l’utilità di tutti e soprattutto dei più bisognosi.
Per molti, come lo è stato per me una quindicina di anni fa è quel campo che il Signore prepara per nascondervi il tesoro più profondo: la Parola e il Silenzio, che hanno arricchito, come è capitato a tanti altri, il cammino spirituale e umano. Negli anni mi è stato luogo per trovare la perla preziosa e anche fonte. Quest’anno scopro Taizè quale deserto: luogo di ricerca e di cura di quella parte di noi che fatichiamo a far emergere per paura di star male o far star male.
Ed il Signore come in ogni tempo si serve ancor oggi di spazi e comunità accoglienti e fraterne, come non pensare alla condivisione del pasto di mezzogiorno insieme ai frères, al vescovo Marco e don Rodrigo, momenti che nella loro essenzialità parlano e risanano il cuore dell’uomo”.
Francesca Piovan