Si è tenuto lo scorso martedì nel Foyer delle famiglie (via Milliavacca 5, Asti) l’incontro “Una voce dal Mediterraneo”, una serata per capire cosa stia davvero accadendo oggi al largo del Mediterraneo, insieme con Alessandro Porro, astigiano, soccorritore sulla nave Ocean Viking della Ong “SOS Mediterranee”.
L’incontro, organizzato a cura della Rete Welcoming Asti e offerto a tutta la cittadinanza, è stato molto vivo e partecipato, circa un centinaio gli intervenuti.
Alessandro ha raccontato a un pubblico sensibile e coinvolto la sua esperienza in mare a partire dall’anno 2016, a bordo prima della nave Aquarius (fino a che la stessa ha potuto operare), e più di recente sulla nave Ocean Viking, con la quale la Ong “SOS Mediterranee” è tornata a condurre attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo Centrale.
Durante l’incontro si è anche riflettuto sull’attuale silenzio che circonda la questione dei salvataggi in mare, dopo lunghi mesi di clamore e polemiche.
Tra i momenti più toccanti della serata, la proiezione del filmato “I migranti non sanno nuotare”, di J. P. Mari, che racconta dei salvataggi effettuati al largo della Libia dalla nave Aquarius.
Non capita spesso di vedere, in televisione o sui media, immagini così chiare e dirette di donne, uomini e bambini, con indosso solo qualche vestito, che vengono raccolti e portati in salvo mentre si trovano a diverse miglia al largo della costa, su imbarcazioni che nella maggior parte dei casi non potranno condurli a destinazione.
Se davvero però abbiamo imparato sin da bambini che “chi salva una vita salva il mondo intero”, dobbiamo allora interrogarci su come siamo arrivati sino a qui, come sia possibile che l’Europa, culla del diritto e dei diritti, e l’Italia, abbiano potuto smarrire la rotta sino al punto di delegittimare prima, e perseguire poi, chi offre il suo impegno per salvare vite umane.
D’altra parte, come ci ricorda lo stesso Papa Francesco, in questo caso “non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, ci aiutano a leggere i segni dei tempi.”