Il commento alla Parola di domenica 26 gennaio 2020 (III Domenica del tempo ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.
La missione di salvezza di Cristo è universale. Cristo è venuto per la salvezza di tutti.
Il Figlio di Dio che ha come carta di identità il servizio, ha bisogno di collaboratori per portare avanti la sua missione di salvezza affidata dal suo Padre. Missione di luce, amore e unione.
In primo luogo, Gesù inizia la sua missione redentrice e universale non nella Gerusalemme sacra e religiosa, neanche nella più pacifica Giudea, ma in Galilea, terra di pagani, dove c’era una diversità di etnie e luogo di passaggio di civilizzazioni, un insieme di ebrei e di pagani. Persone che soffrivano guerre e fame. La scelta di questo scenario fa capire che Gesù viene a offrire una salvezza universale. Gesù si presenta come la prima luce, come amore e come salvezza per tutti. Nessuno è scartato.
In secondo luogo, questa missione universale di Gesù è difficile, vuole una collaborazione libera e amorevole da parte degli uomini. Per questo, Gesù chiama con amore e fiducia. Loro rispondono liberamente lasciando tutto e seguendolo. E sono inviati ad evangelizzare come ci dice Papa Francesco nella sua esortazione, a luoghi non facili, ma addirittura molto scomodi, e senza perdere tempo, senza paura e senza repulsioni (Evangeli Gaudium, 23), “primereando” nell’amore (EG. 24), e portando l’invito a convertirsi a Gesù e la unione che distrugge ogni partitismo ecclesiale. Essere lievito nella massa con azioni positive sugli altri.
Finalmente, a questa missione di salvezza universale Gesù ha invitato ognuno di noi battezzati perché possiamo essere i suoi collaboratori. Cristo passa per le scuole, per le fabbriche e aziende, per le legislature, per le strade, e ci invita a seguirlo e diffondere il suo vangelo, ognuno secondo i suoi talenti e possibilità e secondo la particolare vocazione. Ad alcuni come laici, ad altri come religiosi e ad alcuni come sacerdoti. Come battezzati siamo chiamati a collaborare con la missione universale di salvezza di Cristo, essendo profeti che annunciano Cristo e la sua Parola e denunciano, dal vangelo, tutto ciò che ferisce Dio e il fratello; sacerdoti che sanno offrire le sofferenze e le gioie; e re per servire tutti e lottare contro il peccato nei propri cuori e nel cuore degli altri. Per questo siamo chiamati ad abbandonare le proprie sicurezze, le proprie barche, le proprie reti, forse i nostri genitori e le possibilità lecite e buone. Il cristiano è chiamato a offrire soluzioni concrete ai problemi delle Chiesa. Molte volte non mancano i mezzi materiali ma gli uomini formati che portino avanti la missione.
Attila era un Re che odiava l’Impero Romano. Un giorno decise di incamminarsi verso Roma e distruggerla. Radunò il suo esercito, settecentomila soldati e inizio il cammino. Per dove passava seminava terrore e distruzione fino al punto che è stato chiamato “il flagello di Dio”. Si diceva che per dove lui passava l’erba non cresceva più. Quando era vicino a Roma usci a trovarlo il papa Leone Magno, che provocò in Attila una forte impressione per la sua leadership. Leone Magno convinse Attila perché si ritirasse senza attaccare la città. Fu così come un buon lievito, San Leone Magno, persuase un cattivo lievito, Attila.
Essere lievito non si improvvisa. Per questo ci sono tante associazioni cattoliche e corsi di formazione che aiutano a crescere nella propria fede e nella capacità di testimoniarla con coraggio e compiere la missione che Dio si aspetta di te.
Se Cristo mi chiamasse oggi ad impegnarmi più seriamente nella sua missione di salvezza universale, io gli risponderei sì o no? Che cose mi attacca alla mia barca e alle mie reti? Sono rivestito dalla luce e dall’amore di Gesù per poi diffonderlo?
Signore conta su di me nel grande compito della salvezza dell’umanità. Aiutami a scegliere ogni giorno di bruciare le reti del mio egoismo e delle mie paure. Mi fido di te.
LETTURE: Is 8,23 – 9,2; Sal.26; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4, 12-23