La crisi finanziaria che, partita dagli Stati Uniti, come un ciclone ha in poco tempo attraversato l’Atlantico coinvolgendo anche l’Europa, non ha risparmiato nemmeno il Piemonte. La dinamica sfavorevole tocca tutti i comparti con punte negative più accentuate rispetto al livello internazionale nel settore auto. Forti difficoltà, più evidenti nella seconda metà del 2008, in rapporto agli effetti devastanti della crisi, stanno attraversando le imprese artigiane piemontesi che sono entrate in una delle fasi peggiori della storia. È quanto è emerso dall’indagine congiunturale sull’artigianato del 1° semestre 2009, realizzata dal Sistema informativo dell’artigianato della Regione Piemonte.
Le criticità coinvolgono, seppure in misura diversa, a 360 gradi ogni settore, territorio, profilo di impresa. I dati sono tutt’altro che confortanti e rivelano che l’artigianato subalpino è ai minimi storici. Nel semestre in esame il 43,9% delle imprese ha diminuito il fatturato, il 49% ha segnalato un calo della domanda, il 9,5% ha ridotto il numero degli occupati e, a completare il quadro negativo, il 67,2% delle imprese non effettua investimenti.
A fomentare il clima di sfiducia dei piccoli imprenditori non sono solo le magre performance del 2008 ma anche il timore di un drastico restringimento del credito da parte delle banche e del protrarsi della crisi nel tempo, come previsto dagli analisti. Nell’ottica di evitare che la stretta creditizia strozzi le piccole e medie imprese che, di fatto, sono le protagoniste dell’economia reale del territorio, la Regione Piemonte è intervenuta fin da quando la crisi è esplosa, come sottolinea il vicepresidente della Giunta regionale Paolo Peveraro con delega all’Artigianato.
Secondo l’indagine congiunturale, a soffrire maggiormente gli effetti della crisi, all’interno del comparto artigiano, è il settore manifatturiero (in particolare il metalmeccanico) che, rispetto al primo semestre 2008, registra un drastico calo dei saldi di domanda da –36,1 a –47,8 e di fatturato da –30,2 a –42,0.
Fortemente critica la situazione anche per le manifatture leggere, già in caduta nella prima metà del 2008. In drastico peggioramento inoltre le altre industrie, con saldi simili a quelli delle manifatture leggere.
Tra i servizi, la peggiore performance è nel settore dei trasporti che, nella media, ha diminuito commesse e fatturato. Meno negativi, nel complesso, i risultati realizzati dai servizi alla produzione, settore in cui, in termini di numero di imprese, si è investito di più: il 53,1% contro un dato medio del 32,8%.
Ritocca, invece, verso l’alto tutti gli indicatori, rispetto all’ultima rilevazione, il settore delle riparazioni, forse in relazione al crollo del mercato dell’auto e al possibile incremento della domanda di manutenzione e riparazione. Negative le indicazioni provenienti dai servizi personali (acconciature, tinto-lavanderie, estetica), anche se nel complesso, rispetto ai sei mesi prima, non segnalano un sensibile peggioramento. Infine, per le imprese di costruzioni il secondo semestre si presenta segnato dal calo del livello di domanda e del fatturato, mentre il saldo sull’occupazione resta nella media generale.
Dall’analisi dei dati, provincia per provincia, emerge che la crisi, benché globale, si differenzia a seconda dei settori e dei territori. Nella provincia di Torino, se prima di un anno fa, perfomance e investimenti trainavano verso l’alto, successivamente il saldo del fatturato è precipitato. Risultati critici anche nella provincia di Biella dove a influire negativamente sugli indicatori di performance sono le conclamate difficoltà delle produzioni tessili mentre in quella di Alessandria il pessimismo si radica in andamenti sfavorevoli che hanno segnato l’intero 2008. Positivo in questo scenario il dato che arriva dagli artigiani della provincia di Cuneo. Più interlocutorio, invece, quello raccolto nella provincia di Asti che nel complesso è un po’ meno negativo della media e in calo più contenuto rispetto alle ultime rivelazioni. Infine, ad attutire, almeno temporaneamente, gli effetti della crisi è il più equilibrato mix produttivo del Piemonte sud-occidentale, plurispecializzato e meno dipendente da settori trainanti.
In conclusione la vera novità messa in risalto dell’indagine congiunturale è che oggi la situazione di difficoltà abbraccia la larghissima parte delle imprese, senza grossi divari tra le ditte con un solo addetto e quelle più strutturate. In passato, invece, il quadro contrapponeva le performance positive di una robusta minoranza di imprese più strutturate a quelle negative della maggioranza, tendenzialmente composta da aziende molecolari non in grado di mobilitare risorse da destinare allo sviluppo. Oggi, a pagare in misura più forte gli effetti della crisi, sembra che siano proprio le imprese collegate alle filiere più solide dell’economia piemontese.
“I dati dell’indagine congiunturale – commenta il vicepresidente Paolo Peveraro – dimostrano che gli effetti della crisi sono davvero importanti. Per evitare il collasso delle piccole e medie imprese, non solo delle più deboli ma anche di quelle sane, ora più che mai in balia della stretta creditizia da parte delle banche, la Regione ha messo in campo due misure anticrisi rivolte proprio alle pmi piemontesi. La prima risale al mese di novembre scorso ed è relativa allo stanziamento di 70 milioni di euro per la patrimonializzazione dei confidi piemontesi con l’obiettivo di rafforzare il ruolo che questi consorzi hanno a sostegno del credito alle imprese. L’altra, approvata con delibera di Giunta solo poche settimane fa, invece dà vita a un Fondo di riassicurazione che, grazie a una dotazione di 40 milioni di euro, farà salire la percentuale di garanzie offerte dai confidi alle banche, consentendo alle piccole e medie imprese di accedere più agevolmente al credito a condizioni migliori e in tempi certi”.