Il commento alla Parola di domenica 25 ottobre 2020 (XXX domenica del tempo ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.
Il primo comandamento è amare a Dio. Il secondo, amare il prossimo.
La domanda del dottore della legge a Gesù nel vangelo di oggi sul comandamento più importante della legge è molto opportuna, perché gli ebrei avevano centinaia di precetti: esattamente 365 “negativi”, perché iniziano con un “non devi…”, e 248 positivi, perché iniziano con un “devi…”. Ogni società organizzata tende a moltiplicare con il tempo le sue leggi e le sue norme, molte volte senza necessità. E oggi Gesù ci dona la chiave per essere cristiani: due comandamenti che vengono sintetizzati in una sola parola: l’amore; amore a Dio e amore verso il prossimo.
L’amore a Dio non consiste solo nel sentire gusto spirituale dopo la comunione, nelle emozioni che fanno tremare, nelle tre avemarie prima di dormire, nel piangere nei pellegrinaggi, nel fare processioni per chiedere grazie speciali… o nel frequentare i nove primi venerdì del mese. No. Amare Dio è centrare la mia vita in Dio: in ciò che Lui pensa, in ciò che Lui dice, in ciò che Lui vuole, in ciò che Lui sente… E seguirlo. Che cosa chiede Dio a me, non al vicino! adesso, senza lasciarlo aspettando, senza fare finta di ascoltarlo. E poi agire. Amare è una azione, un esercizio di giardinaggio, cui frutto è l’amore. Amore a Dio è abbandonare gli idoli e convertirci al Dio vivo e vero, per servirlo.
In secondo luogo, amare agli altri è centrare la mia vita verso gli altri: accettandoli (sono come sono), rispettandoli (sono ciò che sono), transigendo (sono come possono), tollerandoli (non possono dare di più), e impegnandomi fortemente per cercare il pane, la giustizia, la scuola, la sicurezza, la libertà. Opere, e ciò che non sono opere è peccato, egoismo, racconti. Si tratta poi, di donare e donarsi, di negarsi e uscire dall’io per passare al tu. Arrivare a dire con onestà: Ti voglio bene. Non dire “mi piaci”, la cui traduzione è “ti desidero”, “ho bisogno di te”, “mi attiri”, parole che appartengono al linguaggio zoologico e istintivo. Amare gli altri è avere cura delle vedove, degli orfani, dei diversamente abili, aiutare i poveri, coprire i nudi.
Tutto ciò che non sia interpretare l’amore come donazione è un errore, egoismo, peccato. Se amiamo donandoci, possiamo dire con Sant’Agostino: Ama e fai ciò che vuoi. Se taci, taci per amore; se perdoni, perdona per amore; Abbi la radice dell’amore nel fondo del tuo cuore: di questo modo solo può venir fuori ciò che è buono. E per imparare ad amare dobbiamo guardare Cristo, espressione viva di questo precetto dell’amore. Con la sua propria vita ci ha insegnato il comandamento unico della carità che ha, come una moneta, le due facce che abbiamo spiegato: l’amore a Dio e l’amore verso il prossimo. Cristo amò prima di tutto il suo Padre nell’accettazione e compimento perfetto della sua volontà consegnando la sua vita per restaurare la gloria di Dio deformata dal peccato degli uomini e saldare così il debito contratto, che è molto alto. E amò agli uomini, facendosi carne per salvarci e perdonarci dai nostri peccati.
«La nostra natura, malata, richiedeva d’essere guarita; decaduta, d’essere risollevata; morta, di essere risuscitata. Avevamo perduto il possesso del bene; era necessario che ci fosse restituito. Immersi nelle tenebre, occorreva che ci fosse portata la luce; perduti, attendevamo un salvatore; prigionieri, un soccorritore; schiavi, un liberatore. Tutte queste ragioni erano prive d’importanza? Non erano tali da commuovere Dio sì da farlo discendere fino alla nostra natura umana per visitarla, poiché l’umanità si trovava in una condizione tanto miserabile ed infelice?» San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 15, 3: TD 7, 78 (PG 45, 48).
Amo a Dio sopra ogni cosa? Amo il mio prossimo, come a me stesso, come Cristo lo ama. Lo dimostro con pazienza, bontà, misericordia, donazione, preoccupazione sincera per lui, aiuti concreti?
LETTURE: Es 22, 20-26; Sal.17; 1 Ts 1, 5-10; Mt 22, 34-40