Omicidio aggravato. E’ questo il capo d’accusa modificato a cui deve rispondere oggi Metaliau Gilmon, l’uomo albanese accusato di aver sparato a un connazionale il 24 ottobre scorso in corso Matteotti. Uomo, Xhafa Adriatik, che qualche tempo dopo era morto in seguito alle gravi ferite riportate.
Questa mattina i carabinieri del comando provincial, con le unità cinofile, i Forestali e un mezzo degli elicotteri di Volpiano hanno dato esecuzione alla nuova ordinanza di custodia cautelare.
I fatti risalgono alle 23 di sabato 24 ottobre quando il Pronto Soccorso dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti avverte il 112 di un paziente, appena trasportato dal 118, ferito con un colpo d’arma da fuoco le cui condizioni, appaiono subito disperate. La vittima verrà, infatti, sottoposto nell’arco delle prime ore a due diversi interventi chirurgici che non riescono comunque ad estrarre il proiettile che lo ha attinto all’addome e ne determina subito il progressivo peggioramento del quadro clinico.
Le immediate indagini permettono di ricostruire un primo quadro alquanto nebuloso e da cui appare subito difficile districarsi: il ferimento, occorso poco prima in Corso Matteotti all’angolo con via Allione, sarebbe stato commesso da un numero imprecisato di persone che, sparando un colpo all’indirizzo della vittima, poi identificata in Xhafa Adriatik, 39enne albanese residente ad Asti, si sarebbero dati alla fuga facendo perdere le proprie tracce. Sul luogo, incidentalmente a qualche decina di metri, si trovava un rumeno residente in Corso Matteotti che, fermo ad un distributore di sigarette, ode lo sparo e, nell’avvicinarsi, vede il malcapitato per terra e, con senso civico, lo soccorre e lo porta ambulanza al pronto soccorso.
Non potendo il ferito fornire alcuna indicazione utile ad indirizzare le indagini, visto il suo stato di incoscienza, e l’assenza di qualsiasi testimone che avesse assistito alla scena, i Carabinieri, coordinati dalla dottoressa Laura Deodato Sostituto Procuratore della Repubblica di Asti, iniziano un’interrotta indagine che deve, necessariamente, non escludere alcuna ipotesi, avendo come unico spunto il colore scuro di un’autovettura che il soccorritore ha visto allontanarsi a forte velocità subito dopo il fatto.
Da questo momento il Nucleo Investigativo e la Sezione Operativa dei Carabinieri procedono ad un’analisi capillare di tutti gli impianti di videosorveglianza pubblici e privati che riprendessero la zona di Corso Matteotti riuscendo, dopo la visione di migliaia di fotogrammi, a rintracciare una BMW serie X6 nera che sopraggiunge in Corso Matteotti in orario pienamente compatibile con la sparatoria per allontanarsi in direzione Cavalcavia Cavallotti dopo qualche minuto. La targa risulta sempre illeggibile ma il dato che gli inquirenti notano è una diversa luminosità tra i due fari anteriori, unitamente a dei cerchioni bruniti.
La ricostruzione del profilo della vittima evidenzia due aspetti che ampliano il raggio di azione delle indagini: il primo riguarda una condanna a sei anni inflitta dal Tribunale di Asti per maltrattamenti in famiglia ed estorsione, ed un passato con precedenti specifici per sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona.
Per questo si avvia un’attività informativa serrata di setaccio sul territorio nelle piazze della prostituzione: ed è qui che si ha la prima svolta. Nei pressi di un distributore di Corso Alessandria, dotato di sistema di videosorveglianza, vengono acquisiti i filmati in cui è ripresa una BMW Serie X6 nera, con le stesse caratteristiche scorte in origine, che avvicina una prostituta lì presente, poi risultata essere la moglie della vittima, e con cui ha un alterco, per poi allontanarsi dopo qualche minuto. Il passo successivo permette di analizzare tutti gli impianti di registrazione che tracciano con assoluta certezza il percorso seguito dall’auto sino all’imbocco di Corso Matteotti.
Rintracciata la donna e sentita in merito all’accaduto, questa fornisce indicazioni sull’occupante che permette ai Carabinieri di identificarlo in Metaliu Gilmon, 41enne albanese residente ad Asti in via Pallio, coniugato, già gravato da precedenti di polizia per reati contro la persona, falso ed armi. Tale dato permette sì di attribuire a questi la presenza in loco ma non la responsabilità in ordine al ferimento.
Nei giorni seguenti si ha modo di approfondire come, contrariamente a quanto apparso all’inizio, ai fatti erano presenti in strada diverse persone, estranee ai fatti, ma in grado di chiarire l’esatta dinamica. Rotto il muro di omertà inizialmente frapposto, vengono escussi più residenti della zona che confermano univocamente come l’autore del ferimento fosse stato il conducente di una BMW serie X6 di colore nero che, giunto in corso Matteotti all’angolo con via Allione, una volta sceso, avesse esploso un colpo d’arma da fuoco all’indirizzo della vittima e, solo per la frapposizione di altri connazionali lì presenti, abbia desistito dal suo proposito omicidiario; al riguardo veniva fornita la descrizione somatica che corrispondeva pienamente con il Metaliu.
Gli elementi raccolti permettevano di mettere sotto intercettazione le utenze telefoniche dell’indagato e della sua cerchia familiare da cui si comprendeva come questi avesse trovato un’abitazione diversa dove nascondersi per sottrarsi alla cattura, disfacendosi del telefono in suo possesso, e fissava l’ultima localizzazione dell’autovettura in un’area boschiva di Isola d’Asti.
Il pedinamento della coniuge consentiva di individuare la casa utilizzata dal fuggitivo in uno stabile di via Testa ad Asti, di proprietà di un connazionale estraneo ai fatti, dove riceveva la visita giornaliera della moglie con generi alimentari e vestiti; veniva anche monitorata la zona con una telecamera occultata per chiarire la rete di eventuali fiancheggiatori, allo stato non emersi.
La svolta si aveva la notte di sabato 1° novembre allorquando da una telefonata si captava la volontà del Metaliu di lasciare il territorio nazionale, chiedendo alla moglie di raccogliere il necessario e di trascorrere con i figli la notte insieme.
A questo punto, d’intesa con il Sostituto Procuratore – dott.ssa Deodato, i Carabinieri decidevano di intervenire. Un blitz simultaneo su tre obiettivi per evitare che possibili telefonate potessero allertare l’indagato: la casa di via Testa, dove sarebbe dovuto essere l’autore del ferimento, l’abitazione della moglie e un garage abbandonato dove, nel frattempo, le attività di tracciamento dei segnali gps, circoscrivevano la possibile area di occultamento dell’autovettura.
Metaliu veniva trovato in casa da solo con le valigie pronte per la fuga e non opponeva alcuna resistenza all’arresto; la moglie si trovava con la figlia mentre ad Isola d’Asti, in un garage ubicato nei pressi del centro commerciale Il Gigante, veniva rinvenuta l’autovettura utilizzata la notte della sparatoria che, sottoposta a sequestro, è stata oggetto delle verifiche tecniche volte a rinvenire tracce di polvere da sparo. Il proprietario di tale area, anch’egli estraneo ai fatti, ammetteva di aver affittato da qualche giorno il garage ad un albanese di cui forniva copia dei documenti di identità a riprova dell’accordo: la patente esibita era quella dell’odierno indagato.
Metaliu Gilmond veniva tradotto in carcere per tentato omicidio in attesa dell’udienza del GIP che, tenutasi nella mattinata odierna, ha convalidato il decreto di fermo emesso dalla dott.ssa Deodato e disposto la custodia cautelare in carcere.
Gli approfondimenti investigativi hanno poi permesso di circoscrivere il perimetro criminale del grave fatto di sangue maturato nel mondo della droga. La notte dei fatti Metaliu aveva avuto la lite con la moglie della vittima proprio in ragione di un credito vantato per dello stupefacente a questi ceduto e non ancora pagato: da qui l’origine dello scontro tra i due e il regolamento di conti con il drammatico epilogo.
La ricostruzione della rete di spaccio in cui l’indagato era coinvolto ha portato all’esecuzione di 15 perquisizioni in altrettanti domicili ubicati a San Damiano d’Asti, Asti ed Isola d’Asti per cui sono ancora in corso le indagini.
Notificati anche 5 avvisi di garanzia ad altrettanti soggetti, (1 albanese e 4 italiani), per il reato di spaccio di stupefacenti in concorso.
Il nuovo provvedimento cautelare, infine, scaturisce dalla modifica del capo d’imputazione conseguente al decesso della vittima e alle ulteriori risultanze investigative che hanno fatto luce sulle ragioni fondanti il grave fatto di sangue.