Giorgio Faletti svetta sulla copertina del numero 47 di Astigiani in una fotografia tanto evocativa quanto carica di significati scattata nel cortile della Biblioteca Astense. Diversi anni dopo, sullo stesso palco e nello stesso cortile della biblioteca che oggi porta il suo nome, la rivista ha ricordato l’eclettico artista nel decennale della sua “partenza”, per riprendere l’espressione usata dal direttore Sergio Miravalle, avvenuta il 4 luglio 2014. Un omaggio che è passato dalle parole di chi ha trascorso un pezzo di vita camminando al suo fianco come la moglieRoberta Bellesini, Massimo Cotto, Gianni Miroglio, Paolo Fresu e Mauro Vaccaneo: proprio a loro il “trimestrale di storia e storie” ha chiesto di scrivere una lettera a Faletti.
“Noi di Astigiani abbiamo avuto un bel rapporto con Giorgio fin dal primo numero, volevamo omaggiarlo senza fare un’agiografia – spiega Miravalle –. Nel numero 9, uscito poco dopo la sua ‘partenza’, avevamo allegato un dvd con un’intervista fatta al Teatro Alfieri nel 2003, nel periodo del boom di “Io uccido”. Quel numero andò esaurito e fu ristampato, ma oggi l’intervista è a disposizione di tutti sul sito di Astigiani”.
E così, durante la presentazione, la prima ad aprire lo scrigno dei ricordi è stata Bellesini sottolineando che “in 10 anni abbiamo raccontato Giorgio in vari modi ma ogni volta scopro cose nuove. In questi giorni stiamo girando un documentario sulla sua vita intervistando gli amici che l’hanno accompagnato lungo il percorso: oltre agli aneddoti divertenti, viene sempre fuori un affetto che Giorgio non aveva mai vergogna di dimostrare”.
Quell’affetto è emerso dalle parole del dottor Gianni Miroglio, amico di Faletti fin dall’infanzia: “Giorgio era avanti già allora, con la sua capacità di linguaggio mi ha aiutato a risolvere tante situazioni. Essendo medico, ho capito che il rapporto comunicativo è fondamentale. A volte prendo spunto dal suo modo di scherzare per comunicare meglio con i pazienti”.
Secondo Massimo Cotto “per Giorgio la vita quotidiana era un grande palcoscenico, amava far ridere non per ricevere applausi ma per divertirsi e strappare una risata agli altri. Frequentava i locali, stava in mezzo alla gente: non si è mai fatto condizionare dalla popolarità. È riuscito nel miracolo di essere se stesso e, nel contempo, tutti quanti noi”. E’ toccato a Miravalle annodare i fili raccordando ieri, oggi e domani: “Anni fa, mentre ero in vacanza a Ischia, alcuni turisti mi chiesero se ad Asti ci fosse un luogo dedicato a Giorgio. Io risposi: “non c’è ancora”. A dieci anni dalla sua ‘partenza?, dovremmo creare un posto in cui far trovare a chi viene qui il respiro e l’ironia di Faletti”. Un luogo dove certamente si avvererebbe l’augurio espresso da Bellesini di continuare a stupirsi “perché Giorgio, in un modo o nell’altro, ha ancora tanto da raccontarci”. Tra ricordi, suggestioni e sguardi verso il futuro, nell’omaggio di Astigiani torna così a pulsare quella sensazione affiorata tante volte nell’arco di questi dieci anni:
Giorgio Faletti, in fondo, non è mai partito davvero.
Alberto Gallo