La rosa finale degli scrittori in lizza per il premio Asti d’Appello 2014 ormai è stata resa pubblica. Proponiamo il nostro consueto giro di interviste agli autori in vista della proclamazione del vincitore che si aggiudicherà i 10mila euro del premio. A tutti abbiamo fatto le stesse domande. Iniziamo con Hans Tuzzi, dal premio Comisso, autore del libro Morte di un magnate americano (Skira). Ha scritto importanti saggi sulla bibliofilia e sui libri antichi per l’editore Sylvestre Bonnard. È noto al pubblico soprattutto per i gialli che hanno come protagonista il milanese commissario Melis, editi da Bollati Boringhieri insieme al romanzo Vanagloria. Con Rizzoli ha pubblicato Metropolis, “viaggio sotterraneo nella storia segreta delle città d’Italia”. Ci può parlare del suo libro in concorso? “Perché J.P. Morgan? Perché una storia ambientata cento anni fa esatti? Perché quel passato parla del nostro presente. A cavallo fra otto e novecento JPM fu un ragno al centro di una tela immensa – banchiere, collezionista, armatore, ago della bilancia politica e regista dell’economia mondiale: attualmente il fatturato annuo del suo impero economico lo porrebbe al 28° posto fra gli Stati Nazionali, dopo Taiwan ma prima di Austria e Repubblica Sudafricana. Allora il ruolo di superpotenza economica stava attraversando l’Atlantico, passando dalla Gran Bretagna agli Usa, proprio come oggi sta attraversando il Pacifico, dagli Usa alla Cina. Ancora pochi anni, e gli Usa sarebbero diventati la prima potenza militare. Cambiava il profilo dell’economia: quelli che la stampa chiamò “i baroni ladroni” inventarono i cartelli d’impresa, le matrioske che consentivano di controllare a Carnegie l’acciaio, a Rockefeller il petrolio, a Gould le ferrovie. E a Morgan, con le sue banche, il controllo di tutti loro. Oggi, globalizzazione, delocalizzazione, precariato. Si aveva, proprio come oggi, una fiducia incrollabile nella scienza. Tant’è che si dichiarò una nave – superfluo dire che JPM ne fu l’armatore – “inaffondabile”. Il naufragio del Titanic assunse subito, per i contemporanei, una valenza di simbolo: del resto, non naviga, anche l’uomo, sul mare della vita? Il naufragio del Titanic – con l’orchestra che suona mentre tutto affonda – è per noi una metafora dell’Europa che di lì a poco si suiciderà nella Grande Guerra, ma fu anche la fine del positivismo ottocentesco. JPM morì a Roma nel 1913. L’anno dopo morivano l’Ottocento e la potenza europea, e il Novecento nasceva con un forcipe di ferro e sangue. JPM morì a Roma nel 1913. E nove mesi dopo gli Usa gli eressero un monumento imperituro, crearono come da lui suggerito la loro Banca Centrale, il Federal Reserve Bureau, perché nessuno avrebbe più potuto salvare l’economia americana come lui aveva fatto nel 1907, e perché l’economia americana non avrebbe più potuto essere come era stata”. Come descriverebbe l’esperienza dei premi letterari in Italia? “Credo che nessuno sia così ingenuo da attribuire ai premi nel settore delle arti una valenza critica assoluta: se così fosse, Carlo Botta dovrebbe valere tredici volte Giacomo Leopardi. Qual è, allora, l’utilità dei premi letterari? Tessere, e tanto più in un Paese di pochi lettori come il nostro, una tela di rappresentazione sociale della cultura. Un’arte a sé, nella quale i francesi furono, e forse ancora sono maestri. Che poi ci si riesca, è un altro discorso: personalmente trovo quantomeno imbarazzante la gestione televisiva di certi premi. Ma temo di interpretare una visione minoritaria, al proposito”. Conosce gli altri autori coinvolti nel Premio e cosa si aspetta dal Premio Asti d’Appello? “Conosco alcuni autori, altri – confesso – no: il Premio Asti d’Appello sarà una simpatica occasione per sopperire a questa e ad altre mie ignoranze”.