Hans Tuzzi, Marco Polillo, Francesco Pecoraro e Paola Mastrocola sono i primi autori intervistati in esclusiva per la Gazzetta d’Asti nella rosa dei nove finalisti di Asti d’Appello. Oggi sarà invece Michele Mari, finalista al premio Viareggio con il libro Roderick Duddle, edizioni Einaudi, a rispondere alle nostre tre domande in vista della proclamazione del vincitore che si aggiudicherà i 10mila euro del premio. Filologo e cultore di fantascienza e di fumetti, Mari pone spesso il tema dell’infanzia, o della prima giovinezza, al centro dei suoi racconti, come momento da conservare. Ha pubblicato molto con Einaudi: Di bestia in bestia e Tutto il ferro della Torre Eiffel o il romanzo Verderame che gli è valso il Premio Grinzane Cavour del 2008, in qualità di Supervincitore della sezione narrativa italiana. Nel 2010 è uscito con Rosso Floyd, una storia polifonica dei Pink Floyd con una miscela di fedeltà storica e invenzione, virata al soprannaturale. Va segnalata la sua attività poetica con Cento poesie d’amore a Ladyhawke (Einaudi 2007) e l’attività critico-filologica e saggistica. Ci può parlare del suo libro in concorso? “Roderick Duddle è la storia di un ragazzino, figlio di una prostituta, che a 10 anni rimane orfano e viene messo alla porta dal proprietario della locanda in cui la madre lavorava. A questo bambino la madre ha lasciato un misterioso medaglione che lo accrediterebbe come unico erede di una favolosa ricchezza e di una famiglia di nobili origini. Quando questa notizia si viene a sapere si scatena una caccia per trovare ragazzino e medaglione: malintenzionati, suore, briganti, banditi, uomini di malaffare si inseguono e inseguono Roderick Duddle tra scenari dickensiani e sviluppo alla Stevenson sullo fondo dell’Inghilterra del XIX secolo. Tra i canoni del romanzo popolare d’appendice, gli intrighi, gli scambi di persona e i colpi di scena per me questo romanzo è stato una novità: non avevo mai scritto infatti un’avventura classica, per quanto avessi parlato spesso in passato dell’infanzia questo libro ha rappresentato una nuova declinazione del tema. Mi sono concesso il lusso di assecondare la trama. Come descriverebbe l’esperienza dei premi letterari in Italia? “Molto varia. Ne ho vinti alcuni, ce ne sono di importanti e meno importanti, a volte ho avuto l’impressione che si trattasse solo di occasioni autoreferenziali o meramente promozionali mentre altre volte ho colto un interesse reale. Al di là della gratificazione della vittoria o del guadagno, nei premi a me piace conosce altri autori ed esserne incuriosito e anche, semplicemente, la possibilità di viaggiare per conoscere realtà cittadine. Di solito infatti io sono pigro, piuttosto solitario e sedentario. Grazie ai premi ho conosciuto un po’ della società letteraria italiana, persone che altrimenti sarebbero rimase solo firme e nomi sui libri”. Conosce gli altri autori coinvolti nel Premio e cosa si aspetta dal Premio Asti d’Appello? “Conosco da anni Antonio Pascale, siamo stati finalisti al Viareggio. Conosco Francesco Pecoraro e Paola Mastrocola che trovo molto simpatica. Paolo Giordano l’incontrato in una sola occasione. Sono solito prendere queste competizioni in modo molto sportivo, quindi come va va, è un gioco. Se si vince meglio, se non si vince pazienza”. Marianna Natale