In un approfondito confronto il professor Marco Devecchi, esperto nel campo dell’agricoltura e della gestione del paesaggio e docente presso l’Università degli Studi di Torino dove insegna ricerca nel Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, ci ha raccontato l’impatto di questa decade dalla nomina tra i siti Unesco dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato.
Un giudizio senz’altro positivo e che apre ad altre prospettive importanti per il futuro dei nostri territori e delle nostre colline.
Sotto quali profili la designazione Unesco ha influenzato la conservazione del paesaggio vitivinicolo in Piemonte negli ultimi dieci anni?
“Il contributo è stato prezioso da almeno due punti di vista: quello sociale e culturale, perché la designazione ha influito su una crescita forte di consapevolezza del valore del paesaggio come elemento identitario. Del resto il riconoscimento sottolinea proprio l’importanza della tradizione, della memoria di questo paesaggio, e questo profilo era vivo anche in passato, prima del 2014, adesso si è rafforzato. Poi c’è un dato di crescita significativa del valore in termini economici dei territori che hanno ottenuto il riconoscimento, che riguarda il profilo vitivicolo e il valore immobiliare: diverse indagini lo sottolineano”.
Quali sono stati i principali cambiamenti osservati nel paesaggio agricolo piemontese dal momento del riconoscimento Unesco?
“C’è stata una maggior attenzione alle trasformazioni del paesaggio rispetto ad approcci impropri precedenti, nella prospettiva della tradizione, grazie anche a strumenti urbanistici e di pianificazione che hanno coinvolto i comuni che fanno riferimento ai territori Unesco. Mi riferisco a interventi legati a esigenze produttive, di ricovero macchinari, eccetera, realizzati con la tecnica del capannone che, per fortuna, si sono ridotti nel tempo. Dove le esigenze agronomiche e colturali hanno richiesto nuove strutture, che una volta venivano inserite di frequente in modo non idoneo nel paesaggio, oggi invece abbiamo degli approcci interessanti e più curati”.
Parliamo anche di sostenibilità: in che modo la presenza dell’Unesco ha incentivato le pratiche agricole sostenibili nella nostra zona?
“Anni addietro la Regione ha previsto delle forme di attenzione rispetto a sistemi tradizionali di progettazione dei vigneti dal punto di vista idraulico e agrario per esempio, penso al girapoggio, l’emblema dei lineamenti peculiari del Piemonte viticolo. Questo segno di attenzione per la tradizione, che si scontra rispetto a tecniche analoghe ma più innovative, avulse rispetto alla tradizione, indica la ripresa di una pratica agricola del passato ed è un segno di attenzione da parte delle istituzioni”.
L’intervista completa e tanti altri approfondimenti sul decennale Unesco sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 28 giugno 2024.
Marianna Natale