E’ attesa a ore, entro la mezzanotte di oggi, giovedì 17 maggio, la sentenza della Corte di Cassazione chiamata a decidere ad esprimersi sulla morte di Elena Ceste, la madre di quattro figli scomparsa dalla sua casa di Motta di Costigliole il 24 gennaio 2014 e il cui corpo è stato trovato otto mesi dopo, l’ottobre successivo, lungo le sponde del Rio Mersa, a meno di un chilometro da casa.
In carcere per questi fatti c’è il marito della donna, Michele Buoninconti, vigile del fuoco condannato in primo e in secondo grado a 30 anni di reclusione per omicidio e occultamento di cadavere.
Due sentenze, quella di primo grado e quella in Appello, che vogliono il pompiere colpevole.
Il procuratore generale ha chiestao che venisse confermata la condanna a 30 anni, inflitta in pirmo grado e ribadita in Appello.
In aula grande assente Buoninconti; al suo posto il fratello e la cognata accompagnati dall consulente di primo grado Ursula Franco.
Per la giustizia, almeno fino ad oggi, Buoninconti avrebbe ucciso la moglie al culmine forse di un litigio per gelosia, nascondendo poi il suo corpo lungo il torrente, corpo rimasto nascosto da vegetazione, fango e neve, almeno per i mesi invernali.
La prima condanna per Buoninconti è arrivata il 4 novembre 2015, quando l’uomo era già in carcere da qualche mese (era stato arrestato nel gennaio di quell’anno ndr). Una decisione dura quella del giudice Amerio del tribunale di Asti che aveva inflitto al vigile del fuoco 30 anni di reclusione (con il rito abbreviato). Condanna confermata il 15 febbraio 2017 in Appello a Torino. Anche in quel caso l’accusa era rappresentata dal pm Laura Deodato.
Per i giudici astigiani e torinesi, quindi, Buoninconti avrebbe ucciso la moglie e ne avrebbe occultato il corpo, ma l’uomo non ha mai confessato.
La tesi della difesa
Di diverso avviso la difesa. I legali Giuseppe Marazzita ed Enrico Scolari hanno sempre sostenuto l’innocenza del loro cliente.
Anche in Cassazione il pool porterà di fronte aiu giudici la tesi di un incidente. Elena Ceste sarebbe morta per una caduta accidentale proprio nel canale dove fu poi ritrovato il suo corpo. Nessun omicidio, quindi, ma un caso fortuito, in seguito a una crisi psicotica che avrebbe colpito la giovane madre.
Per la difesa la donna in preda a una crisi nervosa sarebbe uscita di casa nuda, lasciando i vestiti (e gli occhiali da vista) nel cortile della villetta dove poi il marito li avrebbe trovati. Siamo intorno alle 8 di mattina. Poi avrebbe vagato nelle campagne circostanti, senza che nessuno la vedesse. Raggiunto il Rio Mersa sarebbe caduta sbattendo a terra e poi morendo di ipotermia. L’ipotesi è quindi che non sia stato il marito a ucciderla bensì il freddo di un gelido inverno.
Una tesi avvalorata, sempre secondo la difesa, dalla frattura del coccige compatibile con luna caduta. Per l’accusa invece Buoninconti, tormentato dalla gelosia, dai tradimenti e dalle amicizie della moglie, l’avrebbe uccisa, forse soffocandola, nascondendo poi il corpo nel rio a 800 metri dalla villetta di mattoni rossi dove i coniugi vivevano assieme ai quattro figli, oggi affidati ai nonni materni e di cui il vigile del fuoco ha perso la patria potestà.
Dopo i due gradi di giudizio sarà ora la Corte Suprema a stabilire la verità processuale sulla morte della donna. Gli avvocati della difesa hanno chiesto in prima istanza l’assoluzione dei Buoninconti o, in subordine, il rinvio alla Corte d’Assise e d’Appello di Torino per un nuovo processo