CORTANZE – Sarà presentato oggi, domenica 14, alle 16, nel salone Pelletta del castello di Cortanze il romanzo della saggista Anna Maltese “Album di famiglia – Romanzo visuale”, esordio nella narrativa dell’autrice italo-americana.
“Stanno seduti sotto il tiglio, nel Giardino del Salve, al sommo della rampa che dal borgo antico porta al castello. Qualcuno scattò la fotografia…“: così comincia questa saga familiare, edita dalla casa alessandrina Dell’Orso, che si svolge sullo sfondo dei fatti che hanno scandito la storia d’Italia dal 1870 al 1945. Un castello nel Monferrato, tre donne, tre generazioni e un centinaio di personaggi minori in un vasto affresco che porta in primo piano vite individuali e vicende umane, sentimenti personali e temi universali. Le vite delle protagoniste, banali in apparenza, ma tragiche nell’inesorabile degrado che le accompagna, si svolgono in un contesto corale che include i signori del castello e gli abitanti del paese, imprenditori industriali e agitatori socialisti, dive del muto e sartine torinesi, ufficiali americani nella Grande Guerra, sbirri fascisti e vittime del regime, un lestofante e una prostituta onesta, una sciantosa napoletana, un principe russo, una suora virtuosa, una poetessa libertina, un discendente di Sir Walton il pirata, una banda di partigiani, un prete populista, una troupe di attori e persino un leopardo domestico.
L’autrice ha voluto indicare nel sottotitolo che si tratta di “romanzo visuale,” poiché la narrativa prende lo spunto da fotografie di famiglia (solo una è fisicamente presente nel testo). L’elemento visuale – che include anche cinema, teatro, pittura – è un leit-motif lungo il percorso narrativo, ed ha la funzione di sottolineare la labilità delle immagini, incluse quelle letterarie, e, di conseguenza, di mettere in dubbio la veridicità della narrazione. Inoltre, l’uso di dialetti, espressioni gergali e lingue straniere aiutano il lettore a completare la visualizzazione dei personaggi. La voce narrativa, in prima persona, dichiara una conoscenza approssimativa dei fatti, raccolti da memorie personali, racconti di vari personaggi, documenti e lettere, completati dall’immaginazione là dove manca la documentazione (anche questa, peraltro, fittizia). Pur ricalcando schemi convenzionali del romanzo ottocentesco, la narratrice sottolinea la modernità del testo con costanti ammiccamenti al lettore, che consistono nella mancanza di trama, discontinuità cronologica, jump cuts, azione piuttosto che psicologia, dialogo piuttosto che monologo interiore, e riferimenti letterari indiretti. Il tono prevalente è, quindi, ironico, il che permette di mantenere la distanza tra realtà e rappresentazione, tra fatti e discorso. Ma si tratta di ironia bonaria. La narratrice è compartecipe dei drammi e delle vicissitudini dei personaggi, senza mai cadere nel sentimentalismo melenso. Questa tecnica di scrittura permette di svolgere il discorso su un piano leggero, spesso umoristico, e al tempo stesso di non perdere mai di vista il sottofondo tragico che permea il tessuto del romanzo.