Lo aveva detto e lo ha fatto: mancava meno di un mese al lockdown quando, chiudendo la rassegna su Monet e gli Impressionisti, Vittorio Sgarbi aveva promesso di prestare ad Asti alcune opere di Giovanni Boldini. Ora che è anche sottosegretario alla Cultura, il presidente di Fondazione Ferrara Arte è tornato a Palazzo Mazzetti per presentare la mostra “Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque”, aperta fino al prossimo 23 aprile.
“Nel 2018 Fondazione Asti Musei ha avviato un percorso molto importante ospitando grandi mostre per valorizzare il patrimonio cittadino e provinciale – ha osservato Mario Sacco, presidente della Fondazione, durante la conferenza stampa dello scorso venerdì -. Questa è la quarta, ma abbiamo allo studio altri progetti”.
Parole confermate dall’assessore alla Cultura Paride Candelaresi: “Il percorso di Fondazione Asti Musei è stato inserito tra i 180 progetti del dossier con cui Asti si è candidata a Capitale della Cultura 2025. Tra questi, ci sono due mostre che la Fondazione ha in programma da tempo: una è su Van Gogh, l’altra su Guglielmo Caccia”.
Nel salone del piano nobile, circondato da due pannelli dominati da opere di grandi dimensioni come la splendida “Signora in rosa”, Sgarbi si lancia in un’appassionata esaltazione di Boldini senza risparmiare le consuete frecciate a politica e istituzioni: “Il Museo Giovanni Boldini di Ferrara resterà chiuso almeno un altro paio di anni – dichiara -, ma nel frattempo queste opere devono essere viste. Sono in condizioni perfette, non hanno bisogno di “riposare” in un magazzino come voleva qualche funzionario. Per questo, dopo averle esposte a Rovereto e Parigi, ho voluto portarle ad Asti”.
Al piano terra e nel seminterrato, in una narrazione curata da Tiziano Panconi e organizzata da Fondazione Asti Musei con la società romana Arthemisia, si susseguono 80 dipinti in cui le nobildonne della Belle Époque la fanno da padrone: “Vivendo a Parigi, capitale culturale e della moda di fine Ottocento, Boldini ha saputo catturare lo spirito di rinascita della Belle Époque – spiega Panconi -. Le donne si aspettavano da lui un ritratto diverso, in grado di rappresentarle in tutta la loro consapevolezza perché Boldini sapeva svelare il lato più intimo delle sue “divine”. Parlando con loro per giorni, anche attraverso domande sconvenienti, arrivava a cogliere la loro anima”.
Non a caso, sottolinea Sgarbi, nelle sue opere “non emerge solo la bellezza delle donne ma si sente anche il loro profumo, il fascino che le circonda. Le figure sono definite solo nel viso e nelle spalle, spesso scoperte. Tutto il resto è dipinto in velocità, con una libertà futurista, quasi astratta, in cui Boldini fonde mentalità ottocentesca e tecnica moderna. Non si limita a riprodurre la moda, ma è lui a dettarla. Con Boldini la pittura diventa vita: i suoi ritratti contengono quello “scatto di vita” che lo rende un grande artista. Un artista capace di aprire la storia, un artista senza tempo attuale ancora oggi”.
Alberto Gallo