“La mia origine è sul fiume, non nella casa paterna nobiliare” confidava Eugenio Guglielminetti a Laura Nosenzo parlando del suo rapporto con il Tanaro. Un legame inscindibile costruito attraverso le singolari storie che, nell’infanzia, gli raccontava la madre Ugolina Conti: al posto delle fiabe, strane storie che avevano come protagonista il Tanaro. Vicende vere con finali drammatici, lungo le sue sponde, per umili personaggi: la lavandaia, l’ubriaco, la sposa mancata.
Eugenio bambino ascoltava e immaginava quel corso polveroso (corso Savona) lungo il quale giovanotti invidiosi tendevano fili di ferro al passaggio della bicicletta del padre (“tu borghese, torna dalle tue parti!”), per impedirgli di raggiungere “quella beltà di mamma”.
E Ugoliva narrava. Raccontava della cattiveria dell’acqua, con i gorghi che risucchiavano la vita, di cieli e nebbie invernali, del Tanaro che ghiacciava. Una tentazione troppo forte per Eugenio ragazzino, che con l’amico Bartolomeo scappava al fiume di nascosto da lei (“Non si va al Tanaro, non ci si bagna, non si scivola sul ghiaccio, attenzione!”): si mettevano lungo la scarpata della ferrovia e aspettavano che arrivasse il treno da Acqui, oppure stavano a piedi nudi sulla riva, a farsi fare il solletico dalla barbetta di umidità che avvolgeva i sassi. Al ritorno a casa l’implacabile sentenza della madre (“Sei stato al fiume!”), che riconosceva l’odore del Tanaro rilasciato dai vestiti, e la punizione: due giorni senza parlare al figlio che l’adorava.
Poi Guglielminetti adulto che viveva il Tanaro con il pittore Giuseppe Manzone, intento a ritrarre i pioppi lungo la riva, i pranzi nei ristoranti sulla sponda e le amarezze per un fiume sempre più inquinato. E le storie, ambientate nella valle del Tani, da lui scritte nel libro “Il carro volante”, che ha ispirato la mostra di collages e pagine litografiche che aprirà sabato 24 settembre, alle 16, alla Fondazione Guglielminetti di corso Alfieri 375.
Sotto al titolo “Fuori dalle Mura Astesi, lungo gli argini del Tanaro, al plenilunio… Le fantastiche visioni di Cleria, Clamara e Clamenia”, i lavori artistici seguiranno, nell’esposizione, la successione voluta da Marida Faussone e Giuseppe Orlandi, mentre il racconto parlato di Guglielminetti, raccolto nell’intervista audioregistrata di Laura Nosenzo, accompagnerà il visitatore: strana, dolce sensazione quella di risentire la voce del Maestro che racconta con la consueta, coinvolgente carica evocativa.
Alla testimonianza parlata di Guglielminetti, la Fondazione che porta il suo nome accosta un allestimento dedicato alle tavole originali concepite dal Maestro per “Il carro volante”, il suo primo testo narrativo, edito nel 1991 nella preziosa tiratura ad opera de “All’insegna del Lanzello” di Pier Nebiolo e ripubblicato in formato tascabile, nel 1993, per la collana “Nuove Letture” di Lindau. ? ? ?
Esperienze vitali e ricordi di giovinezza confluiscono nella favolosa immaginazione di Eugenio Guglielminetti mediante collages, ricchi e fantastici nella materia e nell’allusiva impaginazione: l’ambiente naturale del Tanaro, fiume delle ancestrali radici agresti del Contado Astese del XVII secolo, accoglie e protegge le umili vicende di Clelia Bordin, “che raccattava stracci” lungo i sentieri del Borbore, del figlio Gundu, allampanato sognatore, nipote della “Barona”, Teresa Bordin delle Trincere, figlia della lavandaia Neta. Un piccolo mondo di stenti e di sogni, intrecciati a credenze popolari, suffragate dall’erborista Clamara e dall’alchimista Don Lunerio, il mago della collina del Muet: allegorie e verità, ammantate dalle suggestive cromie di Eugenio Guglielminetti, alla luce surreale di una magica Luna.
La mostra, organizzata nell’ambito della rassegna Verdeterra ideata dall’Associazione culturale Comunica, resterà in visione fino al 1° ottobre (giovedì, venerdì, sabato dalle 16 alle 18) con ingresso libero.