ruggiero renosioPorta la firma di Michele Ruggiero, giornalista Rai, e Mario Renosio, direttore dell’Israt, il libro “Pronto, qui Prima Linea” che sarà presentato giovedì 10 luglio, alle 17,30, a Palazzo Mazzetti. L’incontro è promosso da Israt e Comune di Asti (Assessorato alla Cultura) in collaborazione con Polo Universitario Asti Studi Superiori, Fondazione Palazzo Mazzetti, Centro Culturale San Secondo. Durante la presentazione (ingresso libero) sarà possibile acquistare il volume e farlo autografare dagli autori. Fresco di stampa, il saggio richiama nel sottotitolo la lunga stagione degli anni di piombo e pone un interrogativo: c’è il rischio che tutto ritorni? Ruggiero e Renosio ne discuteranno con Roberto Gonella, giornalista de La Stampa. Proposto dalle Edizioni Anordest, “Pronto, qui Prima Linea” è frutto di un lungo lavoro che ha impegnato gli autori nella ricerca e nell’uso di fonti (in gran parte inedite) archivistiche, giornalistiche e giudiziarie integrate dalle testimonianze e autobiografie dei protagonisti. La storia di Prima Linea, che si è sviluppata lungo l’indefinito crinale tra l’eterogeneo movimento extraparlamentare di sinistra e l’organizzazione clandestina, è un fenomeno ancora poco sviscerato del “terrorismo rosso” in Italia a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Eppure questa formazione ha svolto un’attività durata sei anni, con una soglia di autentica pericolosità non superiore ai quattro anni, seconda soltanto alle Brigate Rosse, firmando almeno 258 episodi di terrorismo e causando una ventina di vittime (923 le persone inquisite, di cui due terzi di età compresa tra i 20 e i 30 anni, una su dieci con meno di 20 anni). Le ragioni? Si può supporre che una di queste derivi dalla sua caratteristica “bipolare”, com’è stata definita dai suoi fondatori, cioè dalla compresenza al suo interno di un livello clandestino e di uno pubblico. In altri termini, è come se Prima linea fosse rimasta “vittima” della sua natura esasperatamente collettiva, il che ne ha corroso l’immagine e reso flebile il messaggio eversivo nella ricostruzione storica. Il “doppio livello”, del resto, ha costituito uno dei pilastri, se non il pilastro portante su cui l’organizzazione è stata edificata e da cui ha attinto il nutrimento ideologico per raggiungere l’obiettivo che si era preposto: la modifica dei rapporti di forza nella società italiana attraverso l’alterazione dei comportamenti in una visione prettamente e primordialmente anticapitalistica.