Terzo libro selezionato per l’edizione 2023 del Premio Asti d’Appello: è “Tabacco Clan” di Giuseppe Lupo (Marsilio), dal Premio Bagutta, che va ad aggiungersi a “La vita paga il sabato” di Davide Longo (Einaudi) dal Premio Scerbanenco e “Domani interrogo” di Gaja Cenciarelli (Marsilio) dal Premio Rapallo.
Il Clan vive in un convitto a Milano. Il Clan studia chimica o giurisprudenza, ingegneria o economia. Il Clan ha una provenienza geografica e sociale varia. Nel Clan sono tutti maschi, come nel Reform Club di Phileas Fogg, solo che per essere ammessi non bisogna avere vestiti particolari, ma saper ridere, anzi, sapersi sfottere. Il Clan non ha un dress code, anche se ascolta canzoni in inglese. Quando questo romanzo comincia, il Clan è invecchiato: non vive più nel convitto, ma si è sposato e ha avuto figli. Due dei figli del Clan si sono innamorati e stanno per sposarsi in un bel ristorante sul lago. Il Clan, dopo i beati anni del pensionato, non si è mai perso. Si sente spesso, va allo stadio, è a conoscenza delle ambasce e delle gioie della vita, non sempre facile: anche se è composto da diversi uomini, si percepisce come un’entità, e come un’entità si muove. Al pranzo di matrimonio dei figli il Clan ha un linguaggio tutto suo: come i componenti della famiglia Levi in Lessico famigliare, potrebbe riconoscersi anche al buio grazie alle parole che usa e agli aneddoti della giovinezza. Giuseppe Lupo è il più picaresco degli scrittori italiani, vive la letteratura come epopea della modernità e, dopo Gli anni del nostro incanto, ci racconta una giovinezza altrettanto avventurosa, solo che i picari di Lupo sono studiosi, padri di famiglia (anche quando la famiglia si è rotta), professionisti, e non sono vestiti da picari, anche quando tengono al collo la sciarpa dell’Inter. In questo libro, tutti hanno un soprannome, un nome segreto che a pronunciarlo riporta in vita un mondo, e oltre alla nostalgia il suo autore racconta la tenerezza, l’avventura e la goliardia di un gruppo di uomini che si sono affacciati all’età adulta quando il Novecento stava per morire, schiacciati tra i loro padri che hanno costruito il miracolo economico e i loro figli che vivono il tempo dell’incertezza e dell’instabilità.
Giuseppe Lupo è nato in Lucania e vive in Lombardia, dove insegna letteratura italiana contemporanea all’Università Cattolica di Milano. Tra i romanzi, tutti pubblicati da Marsilio, ricordiamo: Breve storia del mio silenzio (2019, 2021; selezionato nella dozzina del Premio Strega), Gli anni del nostro incanto (2017, 2019; Premio Viareggio), L’ultima sposa di Palmira (2011, 2018; Premio Selezione Campiello, Premio Vittorini). Ha pubblicato inoltre L’americano di Celenne (2000, 2018; Premio Mondello, Premio Berto), La carovana Zanardelli (2008, 2022; Premio Grinzane-Carical), Viaggiatori di nuvole (2013, 2020; Premio Dessì), L’albero di stanze (2015; Premio Alassio, Premio Frontino Montefeltro) e, per Aboca, Il pioppo del Sempione(2021). Ha curato, sempre per Marsilio, Moderno Antimoderno di Cesare De Michelis (2021). È autore di diversi saggi sulla cultura del Novecento e collabora con Il Sole 24 Ore.
Il libro è già disponibile per i soci presso la Biblioteca Astense e può essere ritirato dal martedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, il sabato dalle 9 alle 13.
È ancora possibile iscriversi al Premio Asti d’Appello: la quota resta fissata a 100 euro e dà diritto a ricevere i libri in gara e a due posti per la cerimonia finale al Teatro Alfieri del prossimo 19 novembre.Le iscrizioni si possono fare alla Biblioteca Astense negli orari sopra indicati o scrivendo a astidappello@gmail.com .
Il Premio Asti d’Appello è reso possibile dalla preziosa collaborazione di Biblioteca Astense Giorgio Faletti, Inner Wheel, Rotary Club, Unione Industriale e del giornalista Alberto Sinigaglia, oltre che dal fondamentale contributo di Regione Piemonte, Fondazione CRT, Banca d’Alba, Format, Saclà, Fondalpress, Farmacia Baronciani, Lipitalia 2000, Geosistemi, Alplast, Aurora-Officina della Scrittura e Azienda Vitivinicola Fratelli Natta.