In occasione delle prossime festività pasquali il vescovo, monsignor Francesco Ravinale, invia uno speciale augurio a tutti i visitatori del nostro sito e ai fedeli della Diocesi di Asti.
“La pace sia con voi.
E’ Il primo augurio formulato da Gesù Risorto.
E’ l’augurio che mi pare più urgente in questo periodo in cui la pace sembra svanire, soffocata da interminabili “missioni di pace”, dai rivolgimenti del vicino continente africano e dalle indecorose gazzarre dei politici italiani.
A mia volta in questo messaggio pasquale auguro la pace, dono prezioso di Dio, ma che si realizza solo a condizione di essere puntigliosamente costruita con la buona volontà di uomini e donne determinati a realizzarla, mediante la ricerca del bene comune, la disponibilità all’accoglienza e il coraggio di concedere il perdono.
Innanzi tutto la ricerca del bene comune. Chi vive il dibattito politico per difendere interessi personali o di categoria si troverà naturalmente in conflitto con l’interesse di altri. La sincera ricerca del bene comune è veramente via di pace e ci auguriamo che venga a caratterizzare non solo chi amministra e governa, ma tutta un’opinione pubblica, nella consapevolezza che vale ben la pena di accettare qualche sacrificio pur di contribuire al bene di tutti.
In secondo luogo lo spirito di accoglienza. Non è facile in un mondo dove gli altri sono lontani, sconosciuti, estranei. Probabilmente anche pericolosi. Un mondo di estranei non può che essere conflittuale. Ha bisogno di essere rasserenato dalla convinzione che “ogni uomo è mio fratello”. Ha bisogno di far suo l’atteggiamento del buon samaritano, capace di farsi prossimo al povero, al bisognoso, a chi è senza lavoro e senza casa, a chi è diverso, a chi non poteva più vivere nel paese di origine e ha attraversato difficoltà indicibili, nella speranza di trovare una realtà più accogliente.
Utopia? Sicuramente. Soprattutto se non abbiamo il coraggio di usare l’arma del perdono. Pietro era rimasto spiazzato quando Gesù gli aveva detto di perdonare sempre, fino a settanta volte sette. Anche per il primo degli apostoli era utopistico porgere l’altra guancia dopo essere stato schiaffeggiato. Il discorso si era chiarito meglio quando, dalla croce, Gesù aveva perdonato i crocifissori, completando il suo insegnamento con l’esempio personale.
Mi è difficile pensare a una pace senza ricerca del bene comune, senza accoglienza e senza perdono. Ed è ancora più difficile immaginare che questi presupposti possano essere compresi da chi non conosce o rifiuta il Vangelo.
Sarà buona Pasqua se i cristiani sapranno comprendere il loro ruolo indispensabile e mettere a disposizione il valore aggiunto di una fede che rende possibile la pace, poiché insegna valori e comportamenti che altri pensano utopistici e impraticabili“.