Ancora una volta il mondo dolorante bussa alle nostre porte, nel mezzo di una pandemia per cui noi stiamo iniziando a cantare vittoria e tanti altri continuano a pagare prezzi altissimi ed insostenibili. Il Governo centrale si è attivato con la collaborazione delle Prefetture che in tanti territori, Piemonte compreso, hanno già identificato opportunità e assicurato la disponibilità di accoglienza per gruppi limitati di persone. Nelle ultime ore una presa di posizione da parte regionale ha evidenziato perplessità e sollevato eccezioni. Lo sguardo concentrato su di sé non è mai stato lo stile della gente del Piemonte. Nemmeno in momenti molto faticosi e difficili come gli attuali. L’impegno profuso in passato non solo non è scusante per un ritiro nel presente, ma è stimolo a costruire l’oggi e il domani in continuità con scelte che hanno dato qualità al vivere civile, al sentire umano, alla percezione religiosa della nostra regione. L’occhio che viene dalla fede in Gesù vede chiara l’unica strada da percorrere: farsi vicini e lasciare che altri si facciano vicini, attraverso un cuore aperto e in forme di intelligente accoglienza. L’occhio della genuina umanità vede la necessità di non chiudere, di non escludere, di non rifiutare persone che sono già parte del nostro futuro. La solidarietà, con lo sforzo che tutto il nostro paese sta mettendo, è un valore che va difeso e promosso anche quando affronta temi finora divisivi, perché il bene comune non è mai “contro” ma “insieme”. La richiesta di dare spazio ad un gruppo di migranti è un appello non solo alle istituzioni, ma anche alla coscienza umana e religiosa della nostra gente. È un invito ad allargare lo sguardo nella certezza che ripartiamo solo se lo sapremo fare insieme e con tutti coloro che ci chiedono attenzione e considerazione. Certo, i modi e gli strumenti vanno definiti bene per promuovere la dignità di tutti. Il dialogo interistituzionale va rispettato e coltivato, lo sguardo realistico non va stigmatizzato. Ma non possiamo fare passi indietro. Ringraziamo la Prefettura che accoglierà questi immigrati in apposite sedi già individuate, ma in ogni modo anche la Chiesa è disposta, se necessario, a fare la sua parte Siamo certi che, dopo una prima reazione allarmata, la nostra Regione saprà ancora percorrere convintamente un cammino di apertura verso i migranti, indirizzando così le scelte delle collettività locali e dei singoli, delle famiglie e dei gruppi. In gioco c’è la dignità delle persone, soprattutto di quelle che hanno alle spalle la disumanità dello sfruttamento, della povertà estrema, della malattia, dell’ingiustizia, della mancanza di libertà. Le Chiese della nostra regione – soprattutto attraverso la Caritas e la Pastorale dei Migranti – stanno esprimendo nei fatti la loro piena disponibilità a farsi prossime a chi fa più fatica, nonostante le difficoltà che la pandemia ha aggiunto nei mesi scorsi. Insieme a tanti soggetti della società civile è disponibile, se ben coinvolta, a dare il proprio contributo perché questa situazione di necessità non venga dimenticata o troppo semplicemente archiviata.
Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino e Amministratore Apostolico di Susa Presidente Conferenza Episcopale Piemontese; Piero Delbosco, Vescovo di Cuneo e Fossano Incaricato Conferenza Episcopale Piemontese per la Caritas; Marco Prastaro, Vescovo di Asti Incaricato Conferenza Episcopale Piemontese per Migrantes e Missioni e, a nome della Delegazione Regionale Caritas e della Commissione Regionale Migrantes, Pierluigi Dovis Delegato Regionale Caritas Sergio Durando Coordinatore Regionale Migrantes