Il vescovo di Asti, monsignor Marco Prastaro, ha reso noto, con specifico atto da diffondere nei modi più opportuni, di aver revocato, in data 21 luglio 2022 la dichiarazione di scomunica latae sententiae notificata in data 18 gennaio 2017 e resa pubblica il 22 settembre dello stesso anno dal suo predecessore monsignor Francesco Ravinale nei confronti di Domenico Fiume (in religione monsignor Gabriele), resosi responsabile del delitto di scisma*.
La dichiarazione di scomunica venne in allora reso pubblico a tutela di quei fedeli cattolici che in buona fede accedevano ai riti celebrati da monsignor Fiume nella convinzione di partecipare a legittime azioni liturgiche della Chiesa cattolica.
La revoca della scomunica è avvenuta a seguito della cessazione del comportamento scismatico e della presentazione di una supplica nella quale monsignor Fiume, dopo aver dichiarato di essere un vescovo della Chiesa Ortodossa, ha espresso il proprio sincero pentimento per aver posto in essere i comportamenti notificatigli con la lettera del 18 gennaio 2017, pubblicata il successivo 22 settembre, e ha assunto l’impegno a cessare dai comportamenti medesimi.
Pertanto, nel fare rinvio per ogni dettaglio all’allegato testo della dichiarazione di revoca dell’efficacia della scomunica, il vescovo Prastaro rende noto a tutti i fedeli della Diocesi di Asti che monsignor Gabriele Fiume, avendo dichiarato di essere un ministro della Chiesa Ortodossa, non appartiene più alla Chiesa Cattolica e non è più in piena comunione con essa.
Chiunque venisse a conoscenza di comportamenti da lui tenuti che possano nuovamente indurre in errore circa la sua appartenenza ecclesiale o che siano in contraddizione con gli impegni da lui assunti, è invitato a darne immediatamente notizia affinché si possa evitare ogni pregiudizio dell’integrità della fede cattolica e impedire che altri fedeli possano essere indotti in errori o dubbi.
*Si chiarisce che le censure latae sententiae sono riservate dalla disciplina canonica a specifiche e limitatissime fattispecie e per il solo fatto di averle poste in essere (p. es.: scisma, profanazione delle specie eucaristiche,…). Tali pene non vengono quindi inflitte ad esito di un iter giudiziario, ma, laddove sia ritenuto opportuno dal pericolo di scandalo, rese pubbliche con un atto stragiudiziale emanato dall’Autorità ecclesiastica competente.