Il commento alla Parola di domenica 21 luglio 2019 (XVIII Domenica del tempo ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.
La vita non dipende dai beni
Nel Vangelo di questa domenica un uomo propone a Gesù di agire come giudice tra lui e suo fratello nella distribuzione dell’eredità paterna. Ma Gesù non entra in questa disputa ereditaria tra fratelli, non giudica, ma offre criteri di discernimento di fronte alla tentazione dell’avidità.
I beni materiali non si debbono disprezzare
Gesù ci invita ad apprezzare i beni della terra. Le cose sono buone e lecite se le abbiamo guadagnate onestamente e se ci aiutano a portare una vita degna e serena. E’ importante l’ordine della casa, un lavoro giustamente rimunerato, per alimentare e sostenere la famiglia, offrire buona educazione ai figli e aiutare i bisognosi. La ricchezza in sé stessa non è buona né cattiva: ciò che può essere buono o sbagliato è l’uso che facciamo della ricchezza e l’atteggiamento interiore verso di essa. Se Gesù chiamò stolto il ricco non è perché fosse ricco o perché avesse lavorato per il bene suo e della sua famiglia ma perché aveva programmato la sua vita senza aver avuto conto di Dio e dell’aiuto verso altri. L’avidità porta gli uomini a esprimere un profondo amore per il possesso e questo fa diventare idolatri.
L’idolatria dei beni materiali è molto pericolosa
Giuda per avidità tradì Gesù; Davide desiderando Bersabea commise un omicidio; I figli di Giacobbe per invidia hanno voluto vendere loro fratello Giuseppe. L’avidità è un peccato tanto vecchio quanto sottile. Nel mondo in cui viviamo, materialista per eccellenza, siamo tentati dall’avidità.
La parola di Dio ci parla dell’origine dell’avidità, dei suoi effetti e di come affrontarla. Questo detto è legato alla favola di Esopo che parla del cane e del riflesso nel fiume. Un cane, che portava un osso, attraversando un ponte vide la sua immagine riflessa nell’acqua. Il cane pensò che fosse un altro cane che aveva un osso più grande e cercò di portarglielo via… il risultato: l’osso cade nell’acqua e il cane rimase senza nulla.
La prima lettura ci invita a relativizzare le varie preoccupazioni che di solito abbiamo con un tono pessimistico: vanità, tutto è vanità. La ricchezza non ci dà tutto nella vita, né è la cosa principale: la morte relativizza tutto. È saggio riconoscere i limiti dell’umano e vedere le cose nel giusto valore che hanno, transitorie e relative. La nostra vita è come l’erba che è fresca al mattino e secca nel pomeriggio.
Gesù nel Vangelo ci invita al distacco dal denaro perché non è un valore assoluto né umanamente né cristianamente. Oltre ai soldi c’è l’amicizia, la vita familiare, la cultura, l’arte, la comunicazione interpersonale, il godimento sano della vita, l’aiuto verso gli altri. Devi avere il tempo di sorridere, giocare, perdere tempo con la famiglia e gli amici.
Come dice Sant’Ignazio di Loyola: l’uomo userà le cose se lo aiutano a raggiungere il suo fine, e non le userà se lo allontanano dal suo fine: lodare e servire Dio e così salvare la sua anima.
Dove metto la mia felicità, in cose materiali e deperibili o in cose eterne e incorruttibili?
LETTURE: Qo 1, 2; 2, 21-23; Sal 94; Col 3, 1-5. 9-11; Lc 12, 13-21