Il commento alla parola di domenica 25 giugno 2022 a cura di Suor Maria Chiara del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”
Nel Vangelo che ci propone la liturgia oggi, Gesù parla di un giudizio dopo la morte quale conseguenza delle nostre azioni. Dopo la morte esiste, dice utilizzando il modo di esprimersi del tempo, un posto “accanto ad Abramo” e “gli inferi”.
Al ricco che chiede aiuto, Abramo risponde: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti”.
La ricchezza non è una colpa; anzi nell’AT è segno della benevolenza di Dio. Qoelet scrive: «Non c’è di meglio per l’uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue fatiche; ma mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. Difatti, chi può mangiare e godere senza di lui?» (Qo 2,24-25). Ma nel libro della Sapienza leggiamo: «Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, quale ricchezza è più grande della sapienza, la quale tutto produce?» (Sap 8,5).
La Parola propostaci oggi può farci riflettere sull’uso della ricchezza. Il ricco «indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti».
Questo ricco pensa solo a se stesso. Nel brano pare che banchetti da solo… Questo essere solo a tavola è la colpa del ricco “epulone”: non vedere, non sapere nemmeno che alla sua porta, nel mondo esistono altre persone e alcune bisognose, meno fortunate di lui.
I cani, invece, vedono Lazzaro e cercano di alleviare le sofferenze, lo aiutano, come possono. Che siano altri poveri che, nell’indigenza, gli vengono incontro con il poco che hanno?
Invece il ricco vive nella sua insipienza, perché la ricchezza lo ha accecato completamente.
A ben vedere questo racconto spiega molte notizie dei TG.
Papa Francesco lo denuncia spesso: «La ricchezza del mondo oggi è nelle mani della minoranza, di pochi, e la povertà, anzi la miseria e la sofferenza, di tanti, della maggioranza. Molti vivono in una scandalosa indigenza. All’inizio, Dio ha affidato la terra e le sue risorse alla gestione comune dell’umanità, affinché se ne prendesse cura, la dominasse con il suo lavoro e ne godesse i frutti. I beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano. La Provvidenza, però, non ha disposto un mondo ‘in serie’, ci sono differenze, condizioni diverse, così si può vivere provvedendo gli uni agli altri. Se io posso donare, sono aperto, sono ricco, non solo in quello che io possiedo ma anche nella generosità, ho il dovere di darla perché tutti partecipino. Se non riesco a donare qualcosa è perché quella cosa mi possiede, sono schiavo» (Udienza 7-11-2018).
E infatti il vero schiavo della parabola è proprio il ricco: già prima di morire ha una sete di possesso che lo fa bruciare, ma non se ne accorge, mentre dopo la morte la verità è svelata. Come nella parabola, tante sono le persone che il Signore ci manda per ammonirci e aiutarci a fare scelte coraggiose di condivisione. Non abbiamo bisogno che qualcuno torni dai morti. Spesso, se abbiamo occhi, incontriamo diversi “poveri Lazzaro” che ci danno l’occasione di fare del bene. Che siano degli inviati del Padre per salvarci?
Ancora, Papa Francesco dice: «Mentre l’umanità si affanna per avere di più, Dio la redime facendosi povero». Che alla nostra porta ci sia Gesù vestivo da povero?.
LETTURE: Am 6,1.4-7; Sal 145; 1Tm6,11-16; Lc 16,19-31