Il commento alla parola di domenica 19 giugno 2022 a cura di Suor Maria Chiara del Monastero Cottolenghino “Adoratrici del Prez.mo Sangue di Gesù”
Oggi celebriamo la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore, adorato in modo particolare nel Pane e del Vino consacrati. Il Vangelo, però, non ci parla dell’Ultima Cena, ma della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci. Perché? Riflettiamo su alcuni passaggi.
Primo: In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure (Lc 9,11). Il Signore guarisce ma, prima ancora, parla del regno di Dio, cioè della condizione per cui Dio può regnare nella nostra vita: quando è pervasa dal Suo Amore, cioè quando è donata, non più trattenuta egoisticamente. Le guarigioni che compie Gesù non avrebbero senso se non parlasse del regno di Dio: a che servirebbe guarire fisicamente se poi la vita interiore è una prigione di egoismo?
Secondo: Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare» (Lc 9,13). Questo comando pare assurdo. Eppure, visto da un’altra prospettiva, è il più concreto. Gesù, infatti, prende a cuore i bisogni della gente, non vuole mandarla a casa digiuna (cfr. Mt 15,33). Non predica ideali dal pulpito per poi banalizzare le necessità primarie della persona. La stranezza sta piuttosto nella modalità: Lui che è Dio, che ha appena restituito la vista ai ciechi, il passo agli storpi, l’udito ai ciechi… chiede a noi, incapaci, di farci carico di questi bisogni.
Terzo: Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla (Lc 9,16). Ora capiamo che Gesù non pretende da noi i miracoli, perché solo Dio può compiere l’impossibile: a noi chiede di offrire quel poco che abbiamo e di aiutarlo a distribuire il Suo pane.
Questi tre passaggi sono gli stessi che stanno alla base della liturgia eucaristica. Infatti, nella Santa Messa ascoltiamo la Parola; poi offriamo il pane e il vino, frutto del nostro lavoro, all’altare, con tutto noi stessi, la nostra storia e le nostre miserie, nella fede che Dio ci trasformi; infine, Cristo, nella persona del sacerdote, consacra le nostre offerte per nutrirci. Più ancora: trasforma tutto nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, per vivere in noi. Come potremmo, prigionieri di noi stessi, vivere la concretezza dell’Amore, se Lui non agisce in noi? Le specie eucaristiche sono la vera Presenza del Signore, ma ci ricordano anche che Gesù è concreto, come lo è stato nella moltiplicazione dei pani e dei pesci: non sceglie dei concetti per incontrarci, ma pane e vino. Noi non facciamo la comunione o l’adorazione per noi stessi, per sentirci bene, ma perché Dio chiede di agire in noi, chiede che siamo noi stessi a dare da mangiare al mondo non con le nostre parole, ma con la nostra miseria trasfigurata dal Suo Corpo e dal Suo Sangue durante la Santa Messa.
Ti ringraziamo, Gesù, perché ci dimostri concretamente che ci ami. Aiutaci ad accogliere il Tuo Corpo e il Tuo Sangue per esserne prolungamento per i fratelli e portare una concreta testimonianza al mondo affamato di pane e di senso. Amen.
LETTURE: Gen 14,18-20; Sal 109; 1 Cor 11,23-26; Lc 9,11-17