Il commento alla Parola di domenica 23 giugno 2019 (Santissimo Corpo e Sangue di Gesù) a cura di padre Gerardo Bouzada.
Il Sacerdote è al servizio dell’Eucaristia
Nel miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù, rivolgendosi agli apostoli, che gli presentavano i cinque pani e due pesci, dice loro: «Date voi stessi da mangiare». Allo stesso modo, nell’ultima Cena, dopo aver istituito il sacramento dell’eucaristia, si rivolge agli apostoli dicendo: «Fate questo in memori di me».
Vi è un legame fra il sacramento dell’Eucaristia e quello dell’ordine. Il sacerdote è stato giustamente chiamato l’uomo dell’eucaristia. Solo lui infatti può pronunciare in nome di Cristo le parole del suo sconfinato amore: «Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue, versato per voi».
La Santa Messa è il compito più importante che ogni sacerdote deve eseguire con fede e con amore ogni giorno. Nulla la può sostituire e nulla può esserle paragonato come efficacia nell’opera della salvezza delle anime. Tutti gli altri impegni e attività pastorali vengono dopo la santa Messa e in virtù della forza che da essa deriva.
Gesù sfama l’uomo dalla fame di Dio
Perché Gesù ha voluto darci in dono sé stesso, nel mistero della sua umanità e divinità, attraverso un po’ di pane e di vino consacrati? Avrebbe potuto usare altri simboli, invece di quelli del cibo quotidiano, di cui gli uomini si servono per sfamarsi.
Gesù ha usato il cibo nel donarci l’Eucaristia, perché ha voluto farci comprendere che, attraverso questo mirabile sacramento, l’uomo può placare la sua fame di Dio.
Per comprendere l’istituzione dell’Eucaristia bisogna partire da questa verità fondamentale riguardante la natura dell’uomo: egli è un essere affamato di Dio. Mediante l’Eucaristia Gesù lo vuole saziare, sostenere e fortificare.
Gesù nella sua umanità e nella sua divinità, è quel cibo in grado di colmare la fame infinita dell’uomo.
Non puoi comprendere la grandezza sconfinata di questo sacramento se non hai ancora afferrato il desiderio di Dio che è sepolto nel fondo del cuore.
Nessun cibo terrestre sfama l’uomo
L’uomo non è un essere finito, rinchiuso nel ciclo della materia. Considerare l’essere umano un’espressione dell’evoluzione materiale è una povera visione della vita di molti contemporanei. Le grandi filosofie e religioni della storia lo hanno sempre ritenuto un membro del mondo divino.
In fondo non è difficile capire perché l’uomo non è riducibile alla materia. Infatti, per quanto si abbuffi con i beni materiali, la sua fame non è mai soddisfatta. Il mondo intero non è in grado di rispondere al desiderio di felicità di un solo cuore umano.
Sant’Agostino ha colto un’esperienza universale, propria degli uomini di ogni tempo, quando, raccontando la sua vita, affermava: «Il nostro cuore è inquieto, Signore, finché non riposa in te».
Esamina la tua vita. Esiste qualcosa al mondo che sia riuscito a colmare la tua fame di infinto? Se invece hai incontrato l’amore di Dio e te ne sei cibato, non è forse vero che hai scoperto quella sorgente d’acqua pura, attingendo alla quale non hai più sete? Decidi, se ti è possibile, di farne della eucaristia il centro della tua giornata.
LETTURE: Gn 14, 18-20; Sal 109; 1 Cor 11, 23-26; Lc 9, 11-17