Il commento al Vangelo di domenica 4 agosto (Gv 6,24-35) a cura di Davide Tiri

Dopo aver moltiplicato i pani e i pesci, Gesù viaggia verso Cafarnao: la folla è spaesata dalla sua assenza e non comprende il significato del segno appena compiuto. Inizia quindi una sorta di “caccia all’uomo” per far sì che quell’uomo che ha compiuto il prodigio risponda alle loro perplessità e, magari, compia nuovamente il miracolo.

Trovato il ricercato, Gesù sembra lasciare ancor più interrogativi. Risponde: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà” (Gv 6, 27). 

Il popolo è spiazzato: pensava che quello fosse un segno “definitivo” da parte di Gesù e che in realtà il pane del cielo l’avesse già ricevuto durante l’Esodo dall’Egitto con la _manna_. Ecco: no.

Gesù si manifesta come il Vero Pane del Cielo. E lo fa su due piani. Il primo, quello della Sapienza e della Parola (il richiamo a Mt 4, 4 è evidente: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”). Il secondo, quello del vero segno “definitivo” che manifesta la divinità di Cristo: l’istituzione Eucaristica, la Passione, la Morte e la Risurrezione.

Nostro compito è cercare di vivere su questi due pilastri: Parola e Pane (eucaristico). L’uno non può convivere senza l’altro. E noi non possiamo Vivere senza entrambi.