Il commento alla Parola di domenica 20 agosto 2020 (XXV domenica del tempo ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.
La logica di Dio non è la nostra logica. La logica di Dio è la misericordia. La logica umana è “x quantità di soldi per ora di lavoro”.
Nel nostro tempo post-pandemia il problema numero uno da diversi punti di vista è il lavoro. Anche all’inizio del cristianesimo. Gesù è stato un operaio sotto la guida di un artigiano. San Paolo lavorava durante i suoi viaggi apostolici. La maggior parte delle parabole sono ispiriate all’ambiente di lavoro. E in questo contesto tutti i fedeli devono essere considerati come operai della vigna del Signore.
San Giovanni Crisostomo rispondendo alla domanda se Adamo lavorasse in paradiso, visto che dopo il peccato originale gli viene detto che lavorerà con il sudore della fronte, risponde: L’uomo fu creato a immagine di Dio. Dio che lo ha creato è il primo operaio che produsse il mondo e la sua bellezza in sei giorni. La sua opera continua nella storia come testimonia Gesù: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Gv 5,17). Nell’Impero Romano lavoravano solo gli schiavi, questo non è normale. “Se Dio ti ha dato due mani, gli schiavi provengono dalla malizia umana” diceva il Crisostomo. La creazione è l’inizio di un’opera colossale che continua nella storia. Dio l’ha cominciata, noi siamo chiamati a portarla a termine come dei collaboratori. Il fine sarà divino-umano.
L’uomo di oggi pensa soprattutto tecnicamente. Trasformare il mondo significa costruire cose. Ma sorgono dubbi sulla qualità del progresso perché vediamo “gli scarti e gli scartati”. Percepiamo un meccanismo che se guidato solo dai soldi e dalle leggi del mercato senza morale ci possono far diventare assassini e “cannibali” per sopravvivere.
I padri della Chiesa pensando a come terminare l’opera della creazione pensavano ad un’altra cosa. Dio non crea solo con lo scopo che esista qualche cosa. L’artista non dipinge un quadro solo perché esiste la cornice. Una partita non si gioca solo per riempire 90’. L’artista è contento solo quando l’opera è bella. L’allenatore è contento quando i giocatori hanno dato tutto. La bellezza negli occhi di Dio si identifica con la santità. Perciò tutto ciò che Dio crea lo vuole santificare. Come i santi, anche noi dobbiamo lavorare e santificare i nostri corpi e il nostro ambiente.
Come lavorare affinché il lavoro santifichi l’universo? Come il pittore, quando un grande maestro lascia terminare l’opera al suo discepolo, questo è segno di grande fiducia verso di lui. Egli crede che il discepolo sia capace di capire l’idea che ha ispirato il quadro e che non aggiungerà qualcosa di estraneo. Sentivo poco fa un pensionato che raccontava che la ditta dove lavorò ha dovuto chiudere per politiche che non hanno favorito il ricambio generazionale. Che tristezza. Bisogna fare le cose secondo la volontà di Dio, esso è il primo principio del lavoro.
Oggi il lavoro ha smesso di essere preghiera. Il motto monastico “Ora et Labora”, sintesi di un modo virtuoso di coltivare i rapporti che hanno segnato la storia cristiana europea, adesso è diventato “lavora come mezzo per guadagnare soldi”. Questo porta come conseguenza che chi lavora lo fa senza gioia e danneggia al lavoratore stesso. L’uomo che lavora, con il tempo assimila l’oggetto della sua attività. Ma è il modo con il cui esegue suo lavoro che agisce fortemente nel suo carattere. Invece, chi fa il suo lavoro spiritualmente santifica sé stesso e il mondo. Tutto ciò che fa diventa una preghiera continua.
Lavoro come cristiano solo per lo stipendio, o lavoro cercando di far gioire il Signore? Considero la salvezza come un contrato bilaterale, di giustizia legale, o come una grazia?
LETTURE: Is 55, 6-9; Sal.144; Fil 1, 20-27; Mt 20, 1-16