Il commento al Vangelo di domenica 20 ottobre (Mc 10,35-45) a cura di Tommaso Gentile
Gli Apostoli, per quanto speciali in quanto scelti da Gesù, dimostrano attraverso le loro azioni di essere profondamente umani, commettendo errori ritrovabili anche nella nostra quotidianità. È dalle parole di Giovanni che intravediamo una sete di grandezza e una conseguente rivalità tra gli apostoli, ma che seguendo la logica, potremmo giustificare all’apostolo prediletto, tanto caro al Maestro. Immedesimiamoci, chi non ci avrebbe provato, anche in buona fede? La risposta del Nostro Signore va a dimostrare quanto, invece, la logica divina sia lontana e differente da quella umana, un diverso che non possiamo comprendere. Dio ragiona in modo perfetto, noi no. Siamo fragili, limitati. Gesù, qui, abbatte ciò che le persone normalmente pensano, ciò che ogni giorno causa milioni di inimicizie, milioni di lacrime, milioni di morti; ovvero che per diventare grandi bisogna scavalcare gli altri, usarli per i propri fini. Tutti noi lo facciamo nel nostro piccolo: in famiglia, a lavoro, in parrocchia. Cristo non ce lo spiega, però, solo a parole, lo fa con la sua vita o, meglio, la sua morte in croce, massimo segno di servizio verso il prossimo, per redimere le nostre vite che non meritano tutto questo infinito amore. Prendiamoci dunque il reale impegno di agire secondo ciò che Gesù ci indica, lui che è Via, Verità e Vita; sacrifichiamoci facendoci servi, facendoci ultimi, affogando la sete di potere e la rivalità nel suo esempio, quello dei Santi e nella verità del Vangelo.