L’educativa territoriale e residenziale durante questo strano periodo storico ha subito gravi contraccolpi sia al livello di organizzazione pratica, ma soprattutto ai suoi fondamenti trovando difficoltà attuative e gestionali relative ai macro obiettivi alla base delle progettazioni delle attività e dei servizi.
Nessuno era pronto o immaginava di dover affrontare una problematica sanitaria di tale entità. Essendo la nostra professione una professione fondamentalmente concreta ed interventista, la visione più ampia nella globalità del contesto educativo territoriale viene persa di vista lasciando spazio e tempo ai professionisti di concentrarsi sull’oggi, sul turno, sull’attività e sull’intervento educativo da attivare rivolto e concentrato sul benessere dell’utenza.
La gestione del quotidiano, il sostegno alle fragilità e il mantenimento e l’acquisizione di nuove competenze sono il centro focale del lavoro e del pensiero dell’educatore professionale che interviene come principale azione del suo operare.
Ritrovarsi al centro di questo enorme problema ha portato i professionisti alla riflessione sulle modalità di lavorare e di gestire i vari contesti operativi prendendo un punto di vista diverso, a volte quasi esterno, che si concentra sull’osservazione e sul domandarsi come e se ciò che da anni e per natura svolgiamo sia attinente alle analisi dei bisogni attuali, se i nostri progetti ed i nostri interventi sono aderenti ai contesti e rispondono a ciò che i contesti operativi necessitano e celano dietro alla complessità della persona fragile.
L’educatore professionale per affrontare i problemi e le nuove sfide scava nella propria borsa degli attrezzi cercando quello più adatto, affinando le tecniche apprese e rimodulandole per formulare una risposta chiara, concreta ed utile alla gestione del quotidiano.
Rimodulare gli interventi prevede che il proprio approccio alla professione ed il proprio approccio mentale assuma una direzione diversa, partendo da difficoltà diverse e nuove con l’intenzionalità educativa di raggiungere l’obiettivo del benessere della persona. La duttilità dell’educatore professionale è uno dei maggiori punti di forza della professione indirizzata dalle abilità di problem solving fondamento in ogni contesto in cui si opera.
Nel DM 520/98 l’educatore professionale viene descritto come “l’operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’èquipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativi/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana; cura il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà”.
Per definizione quindi la professione si adopera per il raggiungimento degli obiettivi del progetto educativo adattandosi ai contesti ed al tempo in cui opera, mantenendo quindi la propria mission sviluppandola ed adattandola al qui ed ora.
Il nostro ingrovigliato profilo professionale è stato poi “definito” da tecnici del mestiere attraverso il lungo lavoro di definizione del codice deontologico (https://www.anep.it/codicedeontologico) identificando a tutto tondo la professione con diritti e doveri e rendendo così alla portata ufficiale di tutti la definizione di una professione poco conosciuta e riconosciuta.
Come presentato ed analizzato nel testo “Core Competence” dell’Educatore Professionale (chiaroscuri 9, edizioni unicopli, F. Crisafulli, L. Molteni, L.Paoletti, P.N. Scarpa, L. Sambugaro, S. Giuliodoro) si identifica un’importante disarticolazione all’interno del profilo professionale identificando funzioni, attività e competenze che spaziano dagli aspetti più diretti a contatto con l’utenza a quelli di back office e di progettazione ed analisi (rif. pg 57 idibem)
Sia a livello di disciplina Ordinata inserita nel maxi Ordine TSRM-PSTRP che come associazione maggiormente rappresentativa ANEP, di concerto, i professionisti hanno elaborato piani e strategie diffuse o meno, ma comunque un importante sintomo e movimento di attivazione e di “riprogrammazione” delle mansioni ed attività (https://www.anep.it/EMERGENZA%20COVID%2019 , https://tsrm-toaoalat.tech/progetti/) che evidenziano tale necessità come preponderante ed indispensabile per affrontare questo periodo storico impegnativo e nuovo.
Per natura e per definizione la nostra professione lavora per sopperire ad una mancanza, per colmare un vuoto emotivo, formativo e soprattutto di competenze; vuoto che si identifica a più livelli partendo dal basso e quindi dalle necessità ed evidenze riferite alla singola persona per salire di gradino in gradino gestendo quindi il gruppo, il progetto educativo, l’equipe operante, il contesto di applicazione ed il programma del servizio. Questo climax di contesti d’intervento invita il professionista a riflettere sulle basi della propria formazione e quindi interrogarsi relativamente al proprio strumento principe: la relazione educativa.
La strutturazione dell’identità professionale dell’Educatore è evidentemente un processo in continuo divenire, un movimento che nasce dal basso e nella quotidianità dell’intervento in sostegno a situazioni di fragilità. Nasce dal supporto scolastico all’animazione evolvendosi in risposta al fabbisogni mutevoli e crescenti che si riscontrano sui territori: l’intervento del professionista va a colmare sempre e comunque un vuoto e a fornire sostegno in un percorso di vita.
I principi della 833/78 pongono al centro la promozione della salute, concetto molto attuale nonostante l’età anagrafica, che preclude come fondamento la centralità della persona attraverso la sistematizzazione e l’integrazione delle cure come presa in carico globale e strutturazione del percorso riabilitativo da parte di equipe multidisciplinari. L’evidenza sostanziale è che il concetto di salute viene definito sia a livello sanitario che a livello sociale.
Ciò che stiamo vivendo mai come al giorno d’oggi, è l’apice dell’attualità del concetto globale di salute che prevede la modularità degli interventi che si adattano al contesto ed alla necessità di promuovere il benessere della cittadinanza e dei territori.
Proprio in questo scenario si colloca la figura dell’Educatore Professionale che opera per la promozione e la prevenzione con un approccio dal basso, a contatto con la cittadinanza e con le differenti forme di fragilità osservandone le caratteristiche e programmando interventi con fine comune di colmare quel vuoto e di sostenere le fragilità, lavorando per essere inutili.
Senza dare troppe definizioni, ciò che si intende per profilo professionale della nostra figura lo costruiamo tutti i giorni operando sul campo nei nostri servizi, lo osserviamo e lo moduliamo attraverso tutti gli strumenti che ogni professionista porta nel proprio bagaglio ci competenze, di saperi ed esperienze.
Il prolificare di provvedimenti normativi a cui stiamo assistendo e a cui siamo chiamati a rispondere implica una doverosa presa di coscienza della nostra identità professionale ed alla volontà di identificare un posizionamento all’interno del sistema salute, allineandosi ai bisogni emergenti ed al contesto attuale. Non si deve però perdere di vista l’obiettivo ultimo che segna con un’ impronta profonda l’operare e l’essere del professionista, quale garantire sviluppo, benessere e sostegno alle fragilità ed alla cittadinanza attraverso azioni preventive, riabilitative ed educative.
Alla luce di quanto esposto, le competenze e la professionalità degli Educatori Professionali non possono essere frammentate in sottoinsiemi o in sovrastrutture, ma è necessario promuovere a gran voce un approccio globale alla persona, al gruppo ed alle identità per cui si programmano gli interventi.
A difesa della nostra professione, la riflessione necessaria nasce dall’urgenza di contrastare ogni possibilismo ed ogni attività che tenda a frammentare o a parcellizzare le competenze della stessa come chiaramente indicato dall’articolo 5 della legge 3/2018 in materia del riordino delle professioni sanitarie che si radica nel sistema sviluppato dalla legge 328/200 dando evidenza all’integrazione socio sanitaria degli interventi e dell’agire intenzionale della professione stessa.
L’emendamento 33 bis quale “Misure urgenti per la definizione delle funzioni e del ruolo degli educatori socio-pedagogici nei presidi socio-sanitari e della salute” inserito nelle misure urgenti per il sostegno ed il rilancio dell’economia del Decreto legge 14 agosto 2020 pubblicato in G.U. 253 del 13 ottobre 2020, disarticola in maniera arrogante tutta la costruzione del sistema e del concetto globale di approccio al lavoro di cura e del prendere in carico la persona nella sua complessità, parcellizzando interventi e quindi professionisti di riferimento, confondendo l’indirizzo dei servizi e la comprensione dell’utenza e della cittadinanza. Tale emendamento viene inserito all’interno di una situazione di contingenza, cercando quindi supporto nella sua accettazione come misura straordinaria, ma ciò non viene meno all’attenzione dei professionisti che conoscono la propria mission e la propria formazione verso il raggiungimento dell’unificazione del profilo, unica e necessaria strada da intraprendere in concerto al quadro normativo del sistema salute nazionale che nasce e promuove un approccio globale ed inclusivo.
Volgere verso un Profilo Unico per l’Educatore Professionale si ispira quindi ai concetti di promozione, prevenzione e supporto alla salute con fondamenti radicati nell’integrazione degli aspetti sanitari e di quelli sociali. Dal punto di vista di un Educatore militante “di trincea” è impensabile scindere le due realtà limitando gli interventi ad una dicotomia che nell’agire educativo ed assistenziale non è possibile attuare.
Promuovere il Profilo Unico significa quindi partire dal basso con l’analisi effettiva di ciò che la professione svolge superando articolazioni strette di un vademecum di azioni, ma promuovendo il raggiungimento del miglior risultato atteso per la globalità dei singoli e dei gruppi in cui si opera.
L’inclusività dei professionisti nel sistema salute e nell’approccio globale alla promozione del benessere deve convergere nell’unificazione dei percorsi formativi, nella garanzia della formazione continua e nella sicurezza di poter sperimentare le proprie attitudini e competenze nei vari ambiti che riguardano la persona ed i gruppi nelle loro globalità e nelle reti che li circondano.
Da professionista della salute è mio dovere espormi e contrastare ciò che ritengo lesivo nei confronti delle mie competenze e della mia formazione e nell’impegno di mantenerle continue ed aggiornate, proprio nella stessa situazione contingente e pandemica che vede i professionisti rimodularsi e formarsi per rispondere ai bisogni attuali di ogni contesto e territorio senza frammentazioni e parcellizzazioni.
Emanuela Pelissero, Educatore Professionale