Approfittando della cinquantasettesima ricorrenza della giornata internazionale dell’infermiere e ringraziando I professionisti della sanità per l’impegno profuse sempre, e solo maggiormente evidenziato dalla pandemia, la CISL FP ribadisce la propria idea di sanità pubblica.
In tempi non sospetti (2009!) avevamo criticato sia la scellerata scelta governativa di mettere a disposizione nei corsi di laurea solo una percentuale dei pensionamenti previsti (nel 2010 in Piemonte si parlava di 1219 posti autorizzati dal Ministero nei corsi di laurea per infermieri a fronte di 1400 pensionamenti), sia i vari blocchi alle assunzioni che impedivano di aumentare il personale in servizio pur a fronte di reparti come alcuni pronto soccorso dove nel 2011 il personale faceva tra le 50 e le 60 ore di straordinario al mese. Il tempo ci ha tragicamente dato ragione, dimostrando la fallacità di un sistema basato sulle risorse umane che ormai non regge più nemmeno il carico di lavoro dell’ordinaria amministrazione, figuriamoci quello straordinario imposto dalla pandemia.
Avere dovuto sospendere tutte le prestazioni specialistiche per poter dirottare tutto il personale sulla cura dei pazienti positivi al COVID ha certamente creato ben più di una situazione emergenziale, con esiti verosimilmente anche infausti, e comunque una, seppur comprensibile, intollerabile sospensione del diritto alla salute servendosi del ssn.
Di fronte a questa debacle della politica sanitaria occorre assolutamente prendere atto di una cosa: il ssn non può più essere considerato soltanto come un costo e pertanto tarato sul minimo indispensabile in situazioni di normalità. Deve essere pensato e dimensionato per potere reggere anche in caso di bisogno, sperando che ciò non accada mai. Per intenderci, un po’ come I VV.FF. o l’esercito.
Nei momenti di normalità il personale “in più” potrà dedicarsi a ridurre e mantenere i tempi delle liste d’attesa delle prestazioni in un periodo compatibile con le necessità di cura, senza dover obbligare la popolazione a ricorrere alle strutture private.
Il recovery plan, tra le tante cose, da l’opportunità di riformare l’assistenza domiciliare e la medicina territoriale. Se si vuole veramente riconoscere il valore del lavoro degli infermieri e il diritto alle cure alla popolazione, questa è un’opportunità che non bisogna farsi sfuggire
Perchè dalle emergenze si esce, e queste entrano a far parte del passato, ma occorre fare tesoro delle esperienze passate per evitare che si ripetano con le stesse conseguenze in futuro.