Su La Stampa di mercoledì 1° aprile, vengono riportate le dichiarazioni di Luigi Visconti sulla privatizzazione del 45% di GAIA, la società per azioni interamente pubblica da lui presieduta che gestisce il trattamento, la valorizzazione e lo smaltimento dei rifiuti astigiani. Gigi Visconti è persona che io ho conosciuto ed apprezzato in Consiglio Comunale dal 2002 al 2007, ciò nonostante non condivido per nulla quanto si accinge a fare. La prima obiezione è di quelle che lui probabilmente derubrica come politiche e alle quali, par di capire, non è intenzionato a prestare attenzione. Eppure è di semplice ed immediata comprensione. Il 12 e 13 giugno 2011 circa 26 milioni di Italiani hanno detto un no forte e chiaro alla gestione privata dei servizi pubblici a rilevanza economica. La gestione dei rifiuti urbani rientra inequivocabilmente in questo tipo di servizi pubblici. In un Paese in cui il Presidente del Consiglio si sente legittimato a fare tutto e il suo contrario perché alle elezioni europee ha ottenuto 11 milioni di voti, mi sembra che ignorare la volontà di 26 milioni di Italiani (2,5 volte quelli che hanno votato Renzi) sia oltre che illegittimo anche sintomo di arroganza. Dal mio punto di vista questa semplice ed unica obiezione dovrebbe essere di per sé sufficiente ad abortire i propositi già deliberati dal Consiglio Comunale di Asti. Nel merito Visconti sostiene, sulla scorta di un Piano industriale inaccessibile ai semplici cittadini, che la privatizzazione del “bene pubblico” Gaia sia una strada obbligata. A sostegno della ineluttabilità di questa scelta viene agitato lo spauracchio dell’aumento delle tariffe per i cittadini e il ritorno ad una situazione di emergenzialità nello smaltimento. La tariffa per i cittadini, che intanto deve essere decisa da CBRA e non da GAIA, è il risultato dei costi complessivi per la gestione, la valorizzazione e lo smaltimento dei rifiuti al netto dei ricavi derivanti dai Contributi dei Consorzi obbligatori, dalla vendita del materiale “valorizzato”, dalle lavorazioni per conto terzi e non si capisce perché dovrebbe cambiare il trend di stabilità di questi anni. Conosco meglio di Visconti la vicenda dell’emergenza rifiuti nell’astigiano e la realizazione del sistema impiantistico in dotazione oggi a Gaia è stato quello che ci ha consentito di uscirne. Francamente dalla lettura del Piano Industriale e da quelle dei bilanci di esercizio di questi anni non si ricava con tanta limpidezza e univocità l’ineluttabilità della vendita del 45% della società, nonostante sia evidente che il Piano Industriale sia stato costruito per rafforzare questa ipotesi. Innanzitutto non si capisce la scelta di avviare in discarica 45.000 tonnellate all’anno di rifiuti, il doppio dei rifiuti indifferenziati prodotti dai Comuni astigiani, per poi lamentare una durata residua di soli 2 anni e gridare “al lupo! Al lupo!” Sarebbe necessario semmai minimizzare questa quantità rilanciando la raccolta differenziata che negli ultimi anni, almeno nel Comune capoluogo, ha segnato un’inversione di tendenza. La scelta di completare il ciclo dei rifiuti con l’incenerimento, chiamato recupero energetico perché fa più fine e non impegna, è da perseguire semmai in un’ottica di quadrante (Asti.Alessandria), indipendentemente dalla sua condivisione. Nei bilanci di Gaia è stata sempre riportata correttamente la quota di ammortamento degli impianti. Non si capisce perché per il loro ammodernamento sia indispensabile ricorrere all’ingresso di un socio privato in una compagine societaria interamente pubblica e, soprattutto, in buona salute. Così come è inaccetabile che per svendere il patrimonio pubblico si debba ricorrere costantemente alle difficoltà di bilancio dei Comuni, si possono combattere le politiche di tagli continui del Governo Renzi verso gli Enti Locali. Giovanni Pensabene