“Chi vuol mettersi in movimento? Peculato all’ATC. Il Coordinamento AstiEst si costituirà parte civile, giudice permettendo. Ma questo annuncio ha già perso gran parte del suo valore nelle repliche che l’hanno accompagnato. Un vero affollamento di persone ed enti, che si accreditano come parte lesa. Un candore esibito, quando molti dovrebbero fare il mea culpa e l’autocritica. Invece no, nessuna intenzione di capire in che contesto sono maturati i fatti. Una sgradevole deriva giustizialista muove i sentimenti del grosso pubblico, mentre gli amministratori dell’Agenzia e i loro ispiratori agiscono come se la vicenda potesse ridursi ai suoi aspetti processuali. Quando invece, volendo trarre dai fatti una lezione, dovrebbe allargarsi ai suoi aspetti più propriamente politico/sociali. Cittadini privati di sovranità, impossibilitati o incapaci di agire una democrazia partecipata, continuano a lasciare spazio agli indocili, per non dire rapaci, fautori del mercato, dove il confine tra lecito e illecito è per definizione incerto. E’ una rivoluzione all’incontrario che dura da trent’anni. Tutti gli enti pubblici ne sono stati investiti, non solo l’Atc. Come effetto collaterale, nelle vicende processuali tale spazio si allarga alle “naturali” complicità di ceto e d’ambiente degli addetti ai lavori (avvocati, giudici, procuratori), a dispetto della indipendenza della magistratura dal potere politico. Insomma, per il dottor Santoro si annuncia una pena persino priva di valore simbolico. Diversamente, ci sarebbero state le dimissioni del Consiglio di amministrazione dell’Atc e a seguire un movimento di difesa del diritto all’abitare, animato dagli inquilini delle case popolari e dalle centinaia di persone/famiglie con bisogni abitativi insoddisfatti. Tutto ciò è rimasto negli auspici e nelle modeste iniziative pubbliche di pochi e lodevoli volenterosi (l’associazione di chi scrive, la Casa del Popolo e pochi altri) Che le Agenzie per la casa fossero tutte sull’orlo di un fallimento, era una situazione che gli amministratori dell’Atc conoscevano. L’hanno tenuta sistematicamente sotto traccia per la semplice ragione che ne sono responsabili. E ne sono stati i fautori, consegnando al mercato immobiliare la missione sociale che era stata degli Iacp (Istituto Autonomo Case Popolari). Con metodo, prima con l’abolizione della Gescal, poi con l’abolizione dell’equo canone e infine con ondate di privatizzazioni. Il contesto in cui si muove la vicenda processuale è ancora questo. E sono tutte aperte le questioni in cui il fallimento e la prossima liquidazione delle Atc sono eventi annunciati. Elenchiamole: la missione sociale delle Agenzie e il suo finanziamento; l’impennata, praticamente fuori controllo, delle morosità incolpevoli; l’impossibilità di amministrare condomini frazionati nelle proprietà; le turbolenze mercantili, che compromettono dall’esterno gli esiti dei cantieri di nuova costruzione; la residualità di questi ultimi in relazione al bisogno abitativo insoddisfatto; l’impossibilità, in un tale contesto, di programmare le manutenzioni del patrimonio immobiliare. Dunque, le dimissioni in blocco del consiglio di amministrazione dell’atc rimane uno dei passaggi d’obbligo per chi vuole che la parte maggiormente lesa sia effettivamente risarcita. Un altro passaggio d’obbligo è l’avvio di un processo di conoscenza/presa di coscienza in cui gli inquilini delle case popolari e i cittadini a cui è negato il diritto all’abitare, escano dal ruolo di destinatari passivi di una politica per la casa ormai residuale. Da dove ricominciare ? Dalla questione dell’acqua, per esempio, aperta brutalmente nel condominio Atc di via Malta, con la minaccia di bloccare l’erogazione se i consumi non vengono pagati. Un orientamento fanaticamente mercantile che al momento sembra accomunare l’Asp, l’Atc e l’amministratore del condominio: punire gli assegnatari morosi, colpevoli o no, e, nei condomini dove il contatore dell’acqua è centralizzato, punire tutti, assegnatari morosi e non morosi. La prima cosa da fare è di imporre all’Asp e alla Atc la continuità dell’erogazione dell’acqua. Diversamente si attivano pratiche di riappropriazione. C’è un referendum che ha sancito il diritto all’acqua e ha attribuito a quest’ultima il carattere di bene comune. C’è un recente collegato alla finanziaria che garantisce la gratuità, nonché il costo proporzionale al reddito, dei consumi d’acqua essenziali ad una dignitosa sopravvivenza. Chi vuol mettersi in movimento?” Carlo Sottile, presidente Coordinamento Asti Est