“E’ inaccettabile che la politica si sia fatta trovare ancora una volta impreparata di fronte a un problema cronico come lo smog. Il Piemonte insieme alla Lombardia, all’Emilia Romagna e al Veneto, ha firmato a giugno il protocollo interregionale antismog. Siamo quasi a fine ottobre e la delibera per recepirlo è ancora ferma in Commissione Ambiente. Non si hanno neanche notizie del nuovo Piano regionale antismog, in gestazione da ben 3 anni, la cui fase di osservazioni si è conclusa a metà agosto. Un insulto alla salute dei piemontesi che sono stufi di dover assistere ad atteggiamenti lassisti da parte di una classe politica che reputa non prioritario il tema della qualità dell’aria. Nessun alibi neanche per i Comuni che avrebbero potuto e dovuto anticipare le misure, già blande, previste dal protocollo interregionale”. E’ questa la denuncia di Legambiente per bocca del presidente regionale Fabio Dovana.
Quest’anno il picco di polveri sottili nell’aria non ha aspettato il rigido inverno, anzi è arrivato con largo anticipo, prima in primavera e poi in autunno, complici i cambiamenti climatici e poi la mancanza di interventi strutturali da parte di regioni e sindaci per arginare il problema. Con un autunno quasi estivo e l’assenza di piogge, da gennaio a metà ottobre sono già 5 su 8 i capoluoghi piemontesi ad aver superato il limite di 35 giorni con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo previsto per le polveri sottili (PM10).
Bollino rosso per Torino con 66 giorni di sforamento per le PM10 alla centralina Rebaudengo, 62 alla centralina Grassi (in netta crescita rispetto al 2016 quando ne registrava, a fine anno, 46), Consolata 50, Lingotto 48, Rubino 45. Anche ad Asti la concentrazione media di PM10 nell’aria è in risalita rispetto all’anno scorso e nella centralina peggiore della città, Baussano, sono già stati raggiunti 48 giorni di sforamento. Valore simile a quello registrato ad Alessandria dove, da inizio anno, sono già 49 gli sforamenti registrati alla centralina D’Annunzio. Vercelli, alla centralina Gastaldi, ha già raggiunto quota 50 superamenti come in tutto il 2016. Anche Novara è già fuorilegge con 36 sforamenti e una concentrazione media di PM10 in risalita. A Cuneo, nonostante i valori rientrino nei limiti stabiliti dalla legge, si registra una crescita del valore medio di polveri sottili nell’aria con una concentrazione di 24 mg/mc (la più alta dal 2012). Verbania da inizio anno ha fatto registrare 13 superamenti (anche qui valori mai così alti dal 2012). A Biella la centralina Sturzo ha già raggiunto 21 superamenti come quelli registrati nel 2016 ma a fine anno.
Oltre a fare il punto sull’aria inquinata con i primi dati sul PM10, nel report “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”, Legambiente punta il dito contro i ritardi di regioni e sindaci, i principali responsabili dei “Piani di risanamento dell’aria”, che in questi mesi avrebbero dovuto definire azioni ad hoc e misure stagionali nei rispettivi Piani di risanamento e attraverso le delibere stagionali anche alla luce del piano antismog, firmato dal Ministero dell’Ambiente con Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto a giugno. Ritardi inaccettabili dato che in Italia si continua a morire per l’aria inquinata con oltre 60 mila morti l’anno nel nostro Paese a causa dell’esposizione ad inquinamento da polveri sottili (PM 2,5), ossidi d’azoto (NO2) e ozono (O3). Per questo Legambiente torna a ribadire che, per liberare le città dalla cappa dello smog, è fondamentale il ruolo delle Regioni nel predisporre piani e misure e nuovi fondi da destinare a progetti innovativi, a partire dal settore della mobilità, se davvero si vogliono rilanciare i centri urbani oggi in forte sofferenza e indietro rispetto alle sorelle europee. Per l’associazione ambientalista non si può più perdere tempo ed è urgente definire politiche che ridisegnano anche le aree urbane in maniera più sostenibile, mettendo a sistema quanto già è stato fatto di positivo.
Tra le altre questioni che Legambiente solleva nel report, c’è poi il blocco della circolazione dei diesel Euro 2 e delle auto a benzina Euro 1, e il problema del riscaldamento negli edifici pubblici e privati. Nel primo caso l’associazione ambientalista lamenta la mancanza di controlli e multe nei confronti dei trasgressori. L’ANCI e i Comuni hanno chiesto da tempo alle Regioni e al governo di essere dotati di strumenti e modalità di controllo. Ad oggi sono pochi i comuni che fanno ciò, tra questi c’è ad esempio il comune di Bergamo che ha predisposto squadre di vigili che registrano i passaggi con telecamere e costosi software di riconoscimento validati dal Ministero dei Trasporti. Per quanto riguarda il riscaldamento degli edifici, ancora oggi un terzo delle abitazioni risulta non a norma con l’applicazione di strumenti automatici di controllo della temperatura.
Buone pratiche, confronto europeo – Le città italiane risultano indietro rispetto alle sorelle europee. L’Inghilterra ha annunciato la fine delle vendite del diesel nel 2040, investito subito 1 mld di sterline per la mobilità elettrica e deciso 27 zone a pedaggio nelle aree urbane di tutto il Regno Unito, con aumento di 10 sterline per i veicoli più inquinanti. L’obiettivo è quello di finanziare il retrofitting dei bus e delle auto pubbliche. La compagnia dei taxi di Londra, rilevata da una società cinese, ha già pianificato l’elettrificazione di tutti i taxi nei prossimi due anni. A Londra il sindaco Sadiq Khan, ha annunciato “audit di qualità dell’aria” in 50 scuole elementari nelle aree peggiori inquinate di Londra. La prima scuola da monitorare è nei pressi della Beech Street, dove i livelli di inquinamento sono il doppio del limite legale. La Scozia ha deciso di anticipare il divieto di vendita dei motori a combustione interna al 2023.
Interventi contro lo smog anche a Parigi dove la sindaca Anne Hildalgo sta attuando un coraggioso piano di riorganizzazione dei trasporti (sviluppo del trasporto pubblico e della mobility sharing elettrica) e di ridisegno dello spazio pubblico con lo scopo di dimezzare la superficie pubblica occupata dagli autoveicoli e della careggiate stradali. Obiettivo di Parigi: dimezzare il numero delle automobili e vietare progressivamente quelle più inquinanti entro il 2025. Tra gli altri interventi che molti Stati (come Slovenia, oltre che in Francia, Svizzera e Austria) stanno adottando, c’è anche quello dell’abbassamento dei limiti di velocità autostradali: 110, 100, persino 80 Km/h. L’Italia invece resta l’unico paese a ritenere intoccabili i limiti di velocità autostradali: 130 Km/h sempre, per qualsiasi autoveicolo.