Riunire in un’unica sede, il Museo Paleontologico di Asti, gli oltre 155 reperti fossili facenti parte delle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Torino, depositati al Museo Regionale di Scienze Naturali del capoluogo piemontese e da tempo non visibili al pubblico.
Il progetto del Centro Studi sui cetacei fossili piemontesi prende forma sulla carta con l’ambizione di ottenere fondi e diventare realtà nella metà del 2020: un unicum a livello nazionale ed europeo, con esemplari da venti a due milioni di anni fa.
Benefici dell’operazione: valorizzare un patrimonio culturale spesso di inestimabile valore, con l’inserimento dei reperti, oggi chiusi nelle casse, nel percorso espositivo del Museo Paleontologico astigiano o prevedendone la loro conservazione nei depositi annessi; studiare nel dettaglio ogni singolo pezzo e procedere alla definitiva catalogazione: si va dallo scheletro completo o parziale al singolo dente o vertebra.
Promotori del progetto, da poco inviato alla Fondazione CRT con richiesta di finanziamento, sono il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, il Parco Paleontologico Astigiano, la Struttura di Radiodiagnostica dell’ospedale Cardinal Massaia e il Distretto Paleontologico Astigiano (associazione cui aderiscono 74 Comuni più vari soggetti privati).
Fondamentale, nell’ispirazione dell’idea, la peculiarità paleontologica del territorio astigiano e la straordinaria presenza, al Museo dei fossili di Palazzo del Michelerio, dei grandi cetacei: le balene di Vigliano, San Marzanotto, Chiusano, i delfini di Settime e Belangero. Di indiscussa importanza i reperti che, trasferiti da Torino, si unirebbero a loro: “Molti rappresentano i Tipi di specie o generi” confermano al Dipartimento di Scienze della Terra.
Tornerebbero a casa, tra gli altri esemplari ritrovati nell’Astigiano, anche le balene di Cortandone e Bagnasco di Montafia, i delfini di Camerano Casasco e Mombercelli. “Il trasferimento o rientro dei reperti, grazie al recente consolidamento dell’intesa con l’Università – sottolinea Gianfranco Miroglio, presidente del Parco Paleontologico Astigiano – rappresenterebbe una tappa fondamentale per lo sviluppo del nostro museo. Posto che la presenza dei cetacei fossili resta fondamentale e peculiare del futuro Centro Studi, va detto che abbiamo già avanzato al Dipartimento di Scienze della Terra la richiesta di esporre anche alcuni pezzi di mammiferi di terra (mastodonti, ecc.) del Villafranchiano, dando soddisfazione anche ai comuni a Nord di Asti e rendendo finalmente visibili gli esemplari ritrovati nel loro ambito”.
Il progetto sul Centro Studi (contributo richiesto alla Fondazione CRT 50 mila euro) prevede in una prima fase la catalogazione di tutti i reperti e lo studio scientifico particolareggiato: prima di essere esposti nel museo, i crani dei grandi cetacei verranno sottoposti a Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) nella struttura di Radiodiagnostica del Massaia per approfondirne i dettagli anatomici.
Dati che serviranno anche a realizzare un’App per smartphone e tablet con cui i visitatori saranno guidati nel percorso museale per garantire loro, scegliendo tra diversi livelli di approfondimento, una piena fruizione dei beni.
Componente fondamentale per la realizzazione del Centro Studi sarà il recupero dell’ex chiesa del Gesù, destinata a ospitare i cetacei fossili, cioè la sezione più significativa e attrattiva del Museo Paleontologico: le risorse regionali (un milione di euro) rientrano nel pacchetto del Comune “Asti Vino e Cultura” per il rilancio della città e del territorio.
Di recente, intervenendo a Palazzo del Michelerio, il sindaco Maurizio Rasero ha dichiarato che “io personalmente e l’Amministrazione che guido crediamo moltissimo nell’operazione sull’ex chiesa del Gesù. In futuro potremo davvero dire di essere una ‘città paleontologica’ giocandoci questa carta per lo sviluppo culturale e turistico del nostro territorio”.