“Siamo tutti figli di uno stesso Dio”. Usa parole semplici e potenti don Francesco Quagliotto, responsabile, ma più ancora anima di Migrantes, costola della Diocesi d Asti, incaricata per la Pastorale dei Migranti di agire su soggetti diversi: nomadi (ad Asti per lo più sinti piemontesi e rom della Bosnia-Erzegovina); italiani immigrati all’estero; circensi, lavoratori dei luna park e immigrati. In un momento storico in cui la città sta cercando di superare l’emergenza profughi lavorando su progetti di inserimento sociale ma anche di conoscenza del “diverso”, figure come quella di don Quagliotto possono rappresentare la chiave per comprendere da una parte cosa significhi essere stranieri e dall’altra cosa voglia dire essere astigiani che quotidianamente lavorano e sono a contatto con chi proviene da realtà “altre”. Diverse. Fatte non solo di guerre e rivolte, come il caso dei profughi che dal marzo scorso stanno trovando ospitalità, anche solo temporanea, nel nostro territorio, ma di povertà, di fame, di fughe dalla miseria, quella vera, che non lascia alcuno spiraglio di futuro. Nella sede di Migrantes, in via Sanzio ogni giorno, seguendo turni prestabiliti, decine di famiglie si rivolgono per ottenere un aiuto. Il lavoro di don Quagliotto e dei volontari che gravitano attorno all’ufficio pastorale non è di quelli semplici; attualmente ha censito oltre 500 famiglie (prima erano 630) che si rivolgono allo sportello per ottenere una “borsa alimentare”, un piccolo aiuto: in base alle scorte di Migrantes possono contribuire a sfamare i nuclei. Di tutte don Quagliotto ha compilato una scheda, con tanto di certificazione Isee (lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati della situazione economica di chi richiede prestazioni sociali agevolate o l’accesso a condizioni agevolate ai servizi di pubblica utilità) e a tutte almeno una volta ha fatto visita a casa. “Offriamo alle famiglie quello che possiamo dare – ci racconta il sacerdote salesiano -. Ogni mese recuperiamo gli alimenti dal Banco Alimentare di Moncalieri e dal supermercato Esselunga che ci dona le derrate in scadenza”. Don Quagliotto divide poi il cibo accuratamente e lo mette a disposizione delle famiglie di cui ha stilato la scheda: “Almeno fino a quando le scorte non finiscono – ci racconta -. Pensate che a maggio abbiamo dato un pacco di spaghetti da mezzo chilo ogni due persone e un pacco di biscotti a famiglia”. Insomma, una goccia ma che per qualcuno significa non essere lasciati soli. “Con quello che abbiamo – continua don Quagliotto – non possiamo aiutare tutte le famiglie, per questo facciamo appello alla cittadinanza: chi vuole può sostenenrci donandoci del cibo”. Ma come aiutare davvero gli stranieri, profughi e non solo? “Non possiamo trattarli come bambini permettendo loro tutto- spiega -, dobbiamo aiutarli a maturare una coscienza. Nella pratica io obbligo chi si rivolge all’ufficio a rispettare i turni, per esempio. Se si è duri nel far rispettare le regole, si è giusti anche nei confronti degli altri ed è un esempio concreto che può essere facilmente seguito e appreso”. Cosa vuol dire immigrazione oggi? “L’immigrazione è regolata da cause e moventi tipici e specifici per ogni Paese. E’ inoltre un movimento continuo e non inquadrabile in uno schema preciso – questa l’analisi di don Francesco -. Alcuni sono solo di passaggio, altri rimangono qualche anno poi perdono il lavoro e ripartono. Altri ancora scelgono di restare più a lungo, ma il motore di queso peregrinare è spesso dettato dalle condizioni economico lavorative. In troppi però si dimenticano che molti italiani, in passato, sono stati stranieri”. Purtroppo i pregiudizi sono difficili da combattere e la memoria spesso è troppo corta: “Bisogna trovare il modo di superare il distacco fra noi e loro, fra italiani e stranieri – conclude don Quagliotto -. Bisogna ideare momenti di condivisione come è stato il Pellegrinaggio dei Popoli che si è svolto la scorsa settimana a Oropa, un momento in cui religioni e provenienze si sono fuse insieme in nome della fede e della fraternità”.